Eccoci qua. È partito il Tour de France 2016, e oggi è il primo giorno di riposo.

Come abbiamo già fatto con successo durante il Giro d’Italia 2016 vi racconteremo ogni settimana le 10 cose che più ci hanno colpito. A ruota libera.

Lo faremo, come sempre, il lunedì, giorno di pausa. Quando le cose si sedimentano meglio e la fotografia del Tour diventa più completa. Prendetele come 10 piccole istantanee, in ordine sparso, fotogrammi da una corsa bella e impossibile da definire. Ci sono tutti i più forti, il Tour è la “Champions League” del ciclismo, un piacere per gli occhi.

Di cose da dire ce ne sono tante. E allora, sotto. Si comincia.

[Update gennaio 2020]: Ti interessa il Tour de France? Abbiamo pubblicato sul nostro sito un approfondito articolo dedicato alla sua prossima edizione: clicca oltre per leggere del Tour de France 2020.

1 – Chris il tacchino o la ranocchia?

Partiamo dalla fine. O quasi, la folle, e decisiva a oggi, discesa di Chris Froome (vincitore del Tour nel 2013 e nel 2015) nell’ottava tappa, dal Peyresourde. Gallina, Tacchino, Ranocchia? Il video gira ovunque sui social, tutti ironizzano, qualcuno applaude. Froome indemoniato ha appena mollato tutti sulla cima del Peyresourde (molti han rallentato per prendere la borraccia, Quintana per infilarsi un vecchio giornale sotto la maglia). Froome no. Va via dritto.
Si accovaccia in posizione “rischio genitali”: fuorisella, seduto sul tubo della bici, con la faccia appoggiata quasi sul manubrio. Cerca l’aerodinamicità perfetta. Ma non basta, il fatto è che Froome riesce persino a pedalare in questa non facile posizione. Una discesa così nel ciclismo non si era ancora vista. Pare uno strano animale che stantuffa nel bosco.
Consiglio: lasciamo da parte l’estetica (Froome è inguardabile in questa discesa per i puristi), ma consideriamo l’efficacia (Froome è un mostro, per tutti). Morale: quasi 15” guadagnati sui diretti avversari e maglia gialla in saccoccia, rischiando osso del collo e testicoli. Stratega pazzo.

https://www.youtube.com/watch?v=oHNWvVJ7Ek0

2 – Team Sky

“Froome è forte in salita, tutti si aspettavano che attaccasse lì, dovevamo inventarci qualcosa, un attacco in discesa per esempio”, parole del suo staff. Il team Sky fa quadrato attorno al proprio capitano in salita, e non appena tutti si rilassano perché di dislivello non ce n’è più e quindi Chris ha esaurito le cartucce, fanno da tappo e lo lasciano invece partire in quarta. Tutti sorpresi, ma è un cross perfetto per il proprio attaccante. Il Barcellona del ciclismo.

3 – Cannonball Cav

Mark Cavendish, dall’isola di Man, naturalizzato inglese. Lo si dava per spacciato, per superato, imbolsito, non pervenuto. Di più, un agnellino, non più in grado di essere quello che era. Una palla da cannone lanciata a tutta velocità negli arrivi in volata. Tanto che a pochi metri già si sentiva l’odore della polvere da sparo. Bene, il britannico del team Dimension Data sorprende tutti. Nella prima settimana di questo Tour de France infila 3 vittorie di tappa 3. Una bomba.

volata di Cavendish al Tour de France 2016

4 – I polpacci di Peter Sagan

“Un giorno sei in maglia gialla, quello dopo magari in ospedale”. Un commento forte, con riferimento alla caduta del compagno e capitano Alberto Contador e alla dura legge del Tour de France. Prima vinci, poi magari cadi e sei fregato.
Gli mancava il giallo, dopo essersi abbonato al verde (classifica a punti), lo slovacco iridato della Tinkoff si prende anche la maglia di leader. La tiene solo qualche giorno, ma dopo Mondiale e Fiandre, vederlo anche in maglia gialla fa un certo, e bellissimo, effetto. Le telecamere indugiano spesso sui suoi polpacci nerboruti: sembrano due fiaschi pronti ad esplodere. Impressionanti. La potenza muscolare di Peter è cresciuta ancora. Maturo.

5 – Aru e Nibali

Vederli arrivare ieri (nona tappa), sotto la grandinata, come due fratelli zuppi d’acqua che si spalleggiano, ha qualcosa di poetico. Anche considerando il ritardo, ragguardevole (per il sardo 1′ 23” nella generale) da Froome. Sono rivali? Sono amici? Fa poca differenza, quel che conta è che nel momento di difficoltà si aiutano. E lo fanno pure molto bene. Durante la salita, Vincenzo si volta più volte, paterno, verso Fabio: “Segui me, ti porto in cima”. Al di là delle polemiche. Fraterni.

6 – Pirenei

“Il Tourmalet arrivava troppo presto”. Parole sante quelle del francese Thibaut Pinot. Arriva sconsolato dopo l’ottava tappa da Pau a Bagnères-de-Luchon (184 km), è andato in crisi. Ma ha ragione da vendere, queste montagne meriterebbero la terza settimana, non la prima, del Tour de France. E Il Tourmalet in particolare andrebbe messo a fine tappa, non dopo 86 km di una frazione di 180. Questione di rispetto. Ma quest’anno il Tour ha preferito le Alpi. Ingiusto.

I Pirenei durante un passaggio del Tour 2016

7 – Thibaut Pinot

Si è allenato duro quest’anno, spesso a casa sua. Lo ha raccontato lungamente a “Strava Stories”. Eppure alle prime salite serie, sui Pirenei, è andato in crisi: sudorazione abbondante. Faceva fatica, ha stretto i denti, e alla fine, nella nona tappa, si è però rifatto, andandosi a prendere la prestigiosa maglia a pois (miglior scalatore). Però sono più di 30 anni che i francesi, gli organizzatori della corsa, non vincono un Tour de France (Hinault 1985). E questo, al momento, è il loro uomo migliore. Il messia si fa ancora attendere. Distante.

8 – Grandine

Nona tappa, si arriva ad Andorra, inizia a piovere a 5 km dal traguardo. Siamo in salita e meno male, perché la pioggia, nel frattempo, si è trasformata in grandine. Chicchi come limoni a velocità supersonica. Sempre più forte. I ciclisti annaspano, si fa buio, ma vanno su lo stesso. Il contatto televisivo si fa precario. I ciclisti no. Addirittura Froome e Quintana impongono un forcing, Tom Dumoulin vince la tappa, il polacco Rafal Majka cerca di difendere la maglia a pois con i denti nella tempesta. Alla fine il francese Pinot gliela strappa (80 punti a 77). A volte basta una grandinata a trasformare il ciclismo in spettacolo. Epica.

9 – Alberto Contador

Nella nona tappa cade ancora e si ritira. Lo spagnolo è sfigato, non ce n’è. Ma la classe con cui lo accetta è inarrivabile. A metà della nona tappa circa, si accosta, scende dalla sua bici e senza nemmeno un gesto di stizza dice addio al Tour. L’immagine di Alberto, ammaccato (brutta la ferita alla spalla rimediata il primo giorno) che sale sull’ammiraglia della Tinkoff voltandosi verso la telecamera a salutare è bellissima. L’istantanea di un campione sfortunato, consapevole e dunque pieno di stile. Quasi fosse una sintesi hegeliana. Non da tutti. Applausi.

Sagan e Contador al Tour de France 2016

10 – I francesi

Nella nona tappa c’è qualche bandiera francese, qualcuna portoghese e molte, moltissime, della Catalogna. La sera si gioca la finale dell’europeo di calcio Francia – Portogallo. I francesi non lo sanno ancora ma perderanno ai tempi supplementari. Una sconfitta che gli farà, da oggi, un male cane. Però è come se quasi lo presagissero. Il pubblico, forse perché non siamo in Francia, tace. Siamo in Andorra, un micro-stato indipendente nel cuore dei Pirenei, una terra quasi di nessuno. La Francia sta affrontando un anno duro, si percepisce anche in strada. E questo strano e inusuale “low profile” malinconico andrebbe apprezzato. Meno sciovinisti del solito.

A proposito dell'autore

Classe '72, scrittore, giornalista, blogger: le sue "Confessioni di un ciclista pericoloso" sono uno dei blog più letti dai ciclisti milanesi. È stato direttore editoriale di Bike Channel, il primo canale dedicato al ciclismo in onda su Sky ed è autore di 2 libri: "Il carattere del ciclista" (Utet 2016, in uscita nel 2017 anche in Olanda) e "Ma chi te lo fa fare – Sogni e avventure di un ciclista sempre in salita" (Fabbri 2014). Socio di UpCyle, il primo bike cafè restaurant d’Italia, soffre di una dipendenza conclamata per le salite alpine sopra i 2000 metri.