Tour de France 2015: Calcoli, ragionieri e capacità di emozionare ancora

Caro Vincenzo,

Ti scrivo ancora. Perché mi piace pensare che forse un po’ mi hai ascoltato (la prima lettera a Vincenzo).

nibali-tou-de-franceTi sei tolto di testa l’idea di arrivare primo a Parigi a tutti i costi. E l’hai sostituita con quella di emozionare. Strada impervia, ma infinitamente più bella. L’unica che dopo i Pirenei potevi realisticamente percorrere.

E tu l’hai percorsa nel modo migliore. Da eroe. Come Pantani, come Chiappucci. Lasciando a casa la testa e mettendo davanti il cuore.

La tua vittoria a La Toussuire è stata bellissima.

Perché nata dalla voglia di regalare e regalarsi. Caratteristica questa tipica tua e da oggi, credo, anche tua cifra atletica ed emotiva. Almeno per me. Come quella volta al Giro del 2013 alle Tre Cime di Lavaredo: la vittoria finale in tasca, eppure regalasti ancora qualcosa. Qualcosa di non richiesto. Vincere la tappa in solitario, in mezzo a una bufera di neve. Un gesto d’altri tempi. Questo tuo modo di regalare qualcosa, quando meno te l’aspetti, ti rende unico. Sappilo.
L’avevo scritto nella mia prima lettera: al Tour si viene ricordati più per le imprese di un giorno che per la vittoria finale. La tua azione partita a 60 km dal traguardo è persin’ più bella del tuo trionfo a Parigi.

Più bella della vittoria Hutacam, più bella della tua battaglia sul pavé. Qui avevi tutti contro, incluso te stesso: non eri più tu, l’hai detto dopo la prima settimana. Era vero.
Bene, dopo la Croix de Fer, sei persino di più. Nibalissimo.

Esagero? Non m’importa. Mi sono emozionato. E questo conta.

Guardo e amo il ciclismo per questo. E solo per questo.

Sei stato poco sportivo, ha detto Froome. Hai scelto di scattare proprio mentre lui aveva problemi con la catena. Ma tu non correvi contro di lui: eri a 8’. L’aveva ricordato lui stesso: “corro solo contro Quintana”. E poi mancavano 60 km al traguardo, di tempo per recuperarti ne aveva una voragine.

Siamo sinceri: c’è rimasto di sasso. L’hai ferito, ti sei preso la scena. Tu. Non lui.

Così come il giorno dopo gliel’ha presa Quintana. Di Froome cosa ricorderemo in questo Tour?

Sembrava un alieno, alla fine ha quasi richiesto di perderlo: se l’Alpe d’Huez fosse stata più lunga di 5 km chissà che combinava Quintana?

E poco ci importa sapere cosa t’ha detto Chirs al traguardo a La Toussuire.

Volevi riprovarci all’Alpe d’Huez, volevi il terzo posto. Una foratura ai piedi della salita ti ha fregato. 40” buttati al vento. Sfiga, e poi forse una condizione meno brillante .

Niente podio. Pazienza.

Nulla scalfisce la tua impresa sulla Croix de Fer.

Meglio un ricordo di un terzo posto da ingegnere.

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A proposito dell'autore

Classe '72, scrittore, giornalista, blogger: le sue "Confessioni di un ciclista pericoloso" sono uno dei blog più letti dai ciclisti milanesi. È stato direttore editoriale di Bike Channel, il primo canale dedicato al ciclismo in onda su Sky ed è autore di 2 libri: "Il carattere del ciclista" (Utet 2016, in uscita nel 2017 anche in Olanda) e "Ma chi te lo fa fare – Sogni e avventure di un ciclista sempre in salita" (Fabbri 2014). Socio di UpCyle, il primo bike cafè restaurant d’Italia, soffre di una dipendenza conclamata per le salite alpine sopra i 2000 metri.