Domenica 31 agosto si è corsa l’Ötztaler Radmarathon: la maratona ciclistica più dura d’Europa

4500 cicloamatori da tutto il mondo si sono dati appuntamento a Sölden, nel cuore del Tirolo, in Austria, per percorrere la bellezza di 238 km e 5500 metri di dislivello positivo.

La vittoria è andata all’italiano Roberto Cunico, già vincitore dell’edizione 2013, che ha percorso l’intero tracciato in 7 ore, 5 minuti e 12 secondi, seguito dagli austriaci Emanuel Nösig (7:07,32) e Stefan Kirchmair (7:07,40). Quest’ultimo sul primo gradino nelle edizioni 2011 e 2012.

Ma la vera vittoria va a tutti quei concorrenti che hanno impiegato anche più di 13 ore per portare a termine un’impresa epica.

Dal pomeriggio, infatti, come annunciato dall’organizzazione, era previsto l’arrivo di un fronte freddo perturbato. Con pioggia intensa, vento e temperature in picchiata. Non esattamente l’ideale per una gara in bici ad alta quota.

 

Se i primi arrivati sono riusciti dunque a tagliare il traguardo semi asciutti, per chi ci ha impiegato più tempo l’impresa ha assunto toni ancora più eroici.
L’arrivo di migliaia di tanti piccoli ciclisti silenziosi, sotto una pioggia battente e un vento sferzante, rappresenta forse l’anima più vera di questa straordinaria granfondo unica nel suo genere. Un evento per pochi. Nessuno di questi amatori si è lasciato intimorire, tutti hanno affrontato gli ultimi difficilissimi chilometri di discesa, ben 25 dalla cima del Passo Rombo, sotto un’acqua torrenziale.

Venendo alla gara, il percorso dell’Ötztaler Radmarathon (da me inserita fra le 10 granfondo di ciclismo più belle) prevede ben 4 colli alpini: Kühtai, Brennero e poi, con sconfinamento in territorio italiano, passo Giovo e infine, il temutissimo, passo Rombo. Quest’ultimo misura ben 29 km, con partenza da San Leonardo in Passiria, per un dislivello complessivo di quasi 2000 metri e arriva dopo ben 183 km di gara. Affrontarlo sotto l’acqua è cosa da stendere un toro.
E così ci piace pensare che i veri intrepidi siano stati proprio loro: i tanti ciclisti italiani, tedeschi, austriaci, inglesi, ma anche americani che, grazie a una passione sconfinata, hanno portato a termine la loro piccola, grande impresa.

Impeccabile come sempre, anche di fronte a condizioni meteo avverse, l’organizzazione.

Con carri scopa e safety car pronte a intervenire lungo tutto il percorso e ristori ricchi di preziosi alimenti energetici e generi di conforto per tutti i 4.500 concorrenti.

Ce n’era bisogno. Da quest’anno è stato inoltre istituito un prezioso servizio di deposito: a ogni ciclista erano consegnati il sabato prima della gara 4 sacchetti colorati, uno per passo. Dentro si potevano lasciare indumenti asciutti per le discese, barrette energetiche e altri oggetti preziosi. 
Gran finale con la consueta festa alla Freizeit Arena, il palazzo del Ghiaccio di Sölden, dove anche l’ultimo concorrente (13 ore e 33 minuti!) è stato portato in trionfo e applaudito come fosse il primo.
Appuntamento con il “sogno”, come viene chiamata da queste parti l’Ötztaler Radmarathon, l’anno prossimo, ultimo weekend di agosto.

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A proposito dell'autore

Classe '72, scrittore, giornalista, blogger: le sue "Confessioni di un ciclista pericoloso" sono uno dei blog più letti dai ciclisti milanesi. È stato direttore editoriale di Bike Channel, il primo canale dedicato al ciclismo in onda su Sky ed è autore di 2 libri: "Il carattere del ciclista" (Utet 2016, in uscita nel 2017 anche in Olanda) e "Ma chi te lo fa fare – Sogni e avventure di un ciclista sempre in salita" (Fabbri 2014). Socio di UpCyle, il primo bike cafè restaurant d’Italia, soffre di una dipendenza conclamata per le salite alpine sopra i 2000 metri.