Pedalate e risate lungo la Mosella tra amici ciclisti e l’inseparabile cane Raul

Se no i xe mati, no li volemo è il titolo di una piacevole commedia veneta degli anni venti. È anche il dubbio che mi assale quando penso ai compagni dei miei viaggi in bici.
Non credo che cicloturismo e un pizzico di follia siano correlati, ma… se lo fossero?

Vi ho già scritto delle mie vacanze in bicicletta con cane al seguito e questa volta vi voglio raccontare di due episodi accaduti in un altro viaggio cicloturistico percorso in compagnia.

Qualche anno fa abbiamo disceso in bicicletta il fiume Mosella, partendo da Metz in Francia, proseguendo per Treviri in Germania e giungendo a Coblenza, dove quel fiume confluisce nel Reno. È uno dei percorsi ciclistici più affascinanti che vi siano in Europa e forse il più incantevole che io abbia percorso nei miei viaggi.

Il corso del fiume si snoda tra colline ricche di vigneti dove si produce un apprezzatissimo vino fin dai tempi degli antichi Romani. Le numerose alture sembrano essere state disposte da un dio dispettoso che si è divertito a piazzarle a casaccio, impedendo all’acqua di proseguire in linea retta e costringendola a continue tortuose curve per aggirare quelle montagnette.

È un serpentone che forma spire di varia larghezza, procedendo in un via vai di anse, curve, cambi di direzione spesso a 180°.

Il percorso in bicicletta è godimento puro.

I compagni di viaggio

Ho una coppia di amici con i quali ho condiviso itinerari entusiasmanti pedalando, ma anche camminando o muovendoci in auto. Sono simpaticissimi, affidabili, leali, sinceri, si può sempre contare su di loro: veri amici, appunto.
Il tasso di follia c’è anche nella loro coppia, ma in questo caso pende da una parte sola: lei.
Lui, Luigi, è calmo, assennato, accomodante. Lei, Ursula, è imprevedibile, garbatamente polemica, pazzerella. Si dichiara “quasi” vegetariana. Il sedersi in un ristorante con lei è un piacevole siparietto che mette a dura prova i commensali e colui o colei che deve servire le pietanze.
Se è carne non va bene, ma esistono alcune eccezioni; se è pesce va bene, ma esistono numerose eccezioni. Per verdure e altre portate accessorie esistono solo eccezioni, non ci sono regole.

Lo zucchero è bandito; il sale appena tollerato; tutto ciò che è frizzante aborrito; ciò che non è “bio” è sdegnato.
In terra straniera cibo e bevande vengono esaminati con triplice sospetto. La conclusione è scontata: Ursula di rado mangia quello che tutti gli altri hanno scelto. Uniformarsi? Mai!
Ursula polemizza volentieri e anche simpaticamente. Se tu dici bianco lei dice rosso (dire nero sarebbe troppo facile), non perché sia convinta che rosso è giusto, ma perché è assertrice che dalla diatriba nasca la Verità. Atteggiamento lodevole a patto di non essere reduci da una giornata in bicicletta: in quelle sere in cui l’acido lattico aggredisce i polpacci, non si è mai inclini a dissertazioni filosofiche.
Tranne Ursula; lei non si stanca mai e la sua vena di simpatica “Bastian contraria” è inesauribile.

foto del Viaggio lungo la Mosella - itinerario

L’itinerario del viaggio in bicicletta lungo la Mosella

In questa avventura in bicicletta eravamo in cinque: Ursula, Luigi, la mia compagna e io con l’immancabile boxer Raul. Ci beammo di quell’itinerario, costeggiando il fiume nei ghirigori e non disdegnando di salire qualche collina per ammirare dall’alto lo spettacolo mozzafiato del corso d’acqua e i suoi ricami lungo vigneti e dolci saliscendi del terreno.

L’ultimo giorno arrivammo a Coblenza, nel posto in cui la Mosella alimenta il Reno, formando un angolo di terra, palcoscenico dell’abbraccio dei due fiumi. È un posto famoso, non a caso viene chiamato “l’Angolo dei tedeschi” (Deutsches Eck), dove troneggia una pomposa statua equestre dell’imperatore Guglielmo I.

Pedalando avevamo vagheggiato di assaggiare i gustosissimi würstel, specialità germanica, graditissimi anche alla sofisticata Ursula. Arrivammo all’Angolo che erano circa le undici del mattino. Il posto brulicava di gente radunata per ammirare il paesaggio e per assistere a una gara di canoe. Erano innumerevoli i deschetti dove venivano serviti fumanti würstel il cui odore si spandeva per l’aria.
Tre su quattro di noi sarebbero stati propensi a sbafare subito un paio di salsicciotti a testa (anche il cane Raul si dichiarò subito d’accordo). Non Ursula.

Visita a Coblenza in bicicletta

Visita a Coblenza durante il viaggio in bicicletta

«È presto» sentenziò, «mangiamoli a pranzo».
Convenimmo a malincuore. Mangiare i würstel alle undici del mattino sarebbe stato poco assennato.
«Cosa facciamo nel frattempo?».
Decidemmo di visitare il centro storico di Coblenza distante quattro o cinque chilometri. Inforcammo le biciclette con annesso carrellino di Raul e arrivammo alla città vecchia.
Passeggiammo qua e là fino alle 12.30. Notammo immediatamente un localino grazioso da cui usciva un profumo di würstel da resuscitare un morto.

«Ecco!» dicemmo all’unisono. «Mangiamo qui».
Raul con il codino frenetico esprimeva la sua entusiastica adesione.
Tutti d’accordo… meno Ursula.
«No, no.», disse raggelando gli altri tre e paralizzando il codino di Raul, «Non mi ispira! Troviamo un altro posto».
Mogi, mogi riprendemmo a girovagare. Per poco perché, subito dopo, un posto simile ci entusiasmò nuovamente.
«Ma va’ là!» esclamò implacabile Ursula «È un postaccio, non vedete?».
Al terzo episodio capimmo l’antifona.
«Scusa, Ursula, dove vorresti mangiare questi dannati würstel?».
«Al Deutsches Eck» rispose serafica, «là sì che ci sono i salsicciotti giusti!».

Ci arrendemmo. Anche Raul che guardava torvo Ursula, si rassegnò.
Inforcammo le biciclette e tornammo da dove eravamo venuti. Arrivammo all’Angolo dei tedeschi che erano le due del pomeriggio.
Individuammo subito un chioschetto in cui i würstel abbrustoliti sembravano urlare il nostro nome, tanto era il richiamo. Ci sedemmo su uno scomodo muretto; Luigi e io, servizievoli, ci offrimmo di provvedere per tutti. Facemmo tre ordinativi diversi scegliendo tipi diversi di salsicciotti; solo al pensiero veniva l’acquolina in bocca. Raul dichiarò che lui non aveva preferenze.
Mancava la scelta di Ursula.
«Tu quali vuoi?» chiese Luigi premuroso.
«Niente, grazie» rispose lei soave, «non prendo würstel, non ho fame!».
Del nostro gruppo il cane Raul fu il più signorile. Fu l’unico a non latrare, ringhiare, mordere!

Bicicletta con carrellino per cane

Una compagna di viaggio e la bicicletta con il carrellino per il cane

Un altro episodio accaduto durante il nostro viaggio in bici contrassegnò la franca amicizia tra Ursula e il mio boxer.

Fin da quando avevo adottato Raul (e lui me) lei non perdeva occasione per biasimare l’addestramento che impartivo al cane. Per me era normale educazione, per lei era “soffocare la natura istintuale dell’animale”. Mi accusava di essere un oppressore, un tiranno, un despota irrispettoso degli aneliti di libertà del povero boxer. Una creatura, diceva lei, che doveva esprimersi secondo natura, non secondo i miei ordini.

Una sera dopo cena eravamo sulla riva della Mosella. Abbandonate le biciclette, avevamo trovato un giardinetto con panchine; ci godevamo la digestione chiacchierando e ammirando il fiume al crepuscolo, mentre il boxer, libero dal suo carrellino, scorrazzava finalmente libero, innaffiando ogni cespuglio del circondario.

Ursula, come tutti noi, sedeva comodamente avvolta dalla tuta di riposo.
Raul si avvicinò ed ebbe un miraggio. Vide nel ginocchio di Ursula l’equivalente canino del sorriso di Marylin Monroe, il fisico della Loren agli esordi e il sex-appeal di Cicciolina ai tempi d’oro.
Avanzò galantemente, annusò quel ginocchio paradisiaco sotto la tuta e con slancio passionale abbrancò con le zampe anteriori la gamba della nostra amica. Iniziò poi un movimento sussultorio a cui era impossibile dare significato diverso da quello che aveva.

foto del cane raul -Vacanza con bicicletta e cane - Raul

Il protagonista di queste avventure in bicicletta, il cane Raul

«Cosa fa questo stupido cane?» squittì Ursula con voce di tre toni superiori al normale.
Tutti l’avevamo capito benissimo cosa stesse facendo. Luigi e la mia compagna se la ridevano, Ursula cercava invano di arginare gli ardori di Raul, io non intervenivo gustandomi la scena che mi risarciva di tante critiche.

«Lasciamolo esprimere la sua istintuale natura canina» dissi con un perfido sorriso.
«Fermalo!» sbraitò la nostra amica, facendosi sentire lungo tutti i 350 km percorsi in bicicletta lungo la pista ciclabile da Metz a Coblenza.
Con una pacca (al cane) e un secco ordine spensi l’impeto dongiovannesco del quadrupede.
Da quel giorno non sentii mai più Ursula rivendicare la libertà espressiva degli animali.
Grazie Raul.

 

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A proposito dell'autore

Marco Zuccari dopo una carriera in ambito tecnico, ha virato verso attività umanistiche amatoriali: attore, presentatore, cantante di coro, fotografo e scrittore. È ciclista ma solo per vacanze avventurose. Da una prima pedalata in India è nato un fortunato libro, La ferocia della capra, e, recentemente, è uscito il secondo, Bicincina. Entrambi catturano il lettore per l’ironia con cui l’autore narra le proprie avventure turistico/sportive.