Dalla leggendaria Bianchi Folgore guidata da Olmo nel 1936 alla Pinarello Corsa di Martinello nel 1994, passando per le Bianchi di Coppi e tanti altri modelli storici.

Curiosando tra gli stand a CosmoBike Show 2015, sono subito rimasto colpito dalle bici d’epoca presenti nel padiglione del signor Gianfranco Trevisan, ex ciclista negli anni ’60 e oggi tra i massimi collezionisti al mondo di mezzi appartenuti ai grandi campioni.

Padovano classe 1948, mi ha narrato con enorme entusiasmo la storia delle sue biciclette, rendendola ancor più viva grazie ad aneddoti e svariate curiosità.

Ci siamo innanzitutto soffermati sulle Bianchi utilizzate dal “Campionissimo” Fausto Coppi, simbolo assoluto della casa produttrice fondata da Edoardo Bianchi nel 1885 e resa celebre da altri numerosi corridori di alto livello quali Giovanni Gerbi, Lucien Petit – Breton, Gaetano Belloni, Ottavio Bottecchia, Costante Girardengo, Giuseppe Olmo, Felice Gimondi e Moreno Argentin.

Prima ancora che potessi domandargli la questione riguardo la certificazione ufficiale di ogni bici, lui aveva già tirato fuori alcuni documenti originali con cui si testimonia l’autenticità della collezione. Dunque, sciolto ogni dubbio, siamo partiti per questo splendido viaggio all’interno della storia a due ruote.

La prima meraviglia ammirata è stata la Bianchi Corsa Campione del Mondo, con cui Coppi corse nel 1954. Dal caratteristico colore celeste, è stato il mezzo con cui l’Airone di Castellania gareggiò da campione mondiale in carica dopo il titolo conquistato a Lugano nel 1953.

Poi, ci siamo soffermati sulla Bianchi Corsa – Simplex usata dallo stesso Coppi nel 1949, stagione in cui avvenne la sua definitiva consacrazione grazie all’incredibile doppietta Giro – Tour oltre ai trionfi alla Milano – Sanremo, al Giro di Lombardia e al bronzo iridato in quel di Copenaghen.

Da questi due modelli realizzati tra gli anni ’40 e ’50, ci siamo spostati verso la leggendaria Bianchi Folgore utilizzata da Giuseppe Olmo nel 1936. La Folgore fu il modello principale tra le Bianchi da corsa negli anni ’30 prima di essere sostituita dalla Folgorissima nel 1949. Pesa circa 12 kg.

Per quanto riguarda il campione ligure, già olimpionico a Los Angeles 1932, durante quell’annata vinse addirittura dieci tappe al Giro d’Italia, terminando secondo alle spalle del quasi ventiduenne Gino Bartali.

Se Coppi e Olmo, miti all’interno dell’immaginario collettivo per l’epoca eroica in cui correvano, sono piuttosto lontani nel tempo, la bici d’epoca successiva riguarda un velocista conosciuto personalmente da Trevisan, cioè Patrick Sercu.

Il belga, dominatore su pista ed eccelso specialista anche su strada, è stato il proprietario di una Gios Torino del 1973 quando gareggiava per il team Brooklyn.

Per farmi comprendere la potenza devastante del “Re delle 6 giorni”, Gianfranco ha telefonato all’amico Franco Ongarato, ex sprinter, il quale ha dichiarato che quando questi era a massimo regime, tutti gli altri rimbalzavano indietro non appena osassero uscire dalla sua scia.

Siamo quindi passati alla quinta perla della collezione, cioè una Ferretti Masi Corsa del 1970, su cui pedalò lo svedese Gösta Pettersson.

Le Masi devono la propria origine a Faliero Masi, ex corridore e in seguito meccanico e produttore. Sui vari modelli di bici gli venne spesso accostato il nome della formazione utilizzante i suoi mezzi.

In quella stagione, il pluricampione iridato nella cronosquadre assieme ai suoi tre fratelli Erik, Sture e Tomas, concluse al terzo posto il Tour de France alle spalle di Eddy Merckx e Joop Zoetemelk, preludio all’indimenticabile trionfo al Giro d’Italia nel 1971.

Da un ciclista meteora tra i professionisti, abbiamo spostato il nostro focus su un azzurro degli anni ’80 e ’90, specialista nelle classiche e sul podio pure al Giro d’Italia nel 1984.

Moreno Argentin guidò una Bianchi Corsa nel 1987, annata in cui indossò la maglia di campione mondiale conquistata a Colorado Springs nel 1986 e in cui primeggiò per la terza volta consecutiva alla Liegi, trionfando pure al Giro di Lombardia e in tre tappe al Giro d’Italia, oltre all’argento iridato a Villach.

Un altro marchio storico italiano (pur essendosi presto trasferito in Messico) si legò a un corridore nostrano vincitore di numerose corse in carriera, cioè la Benotto a Francesco Moser.

La “nostra” bici d’epoca è una Benotto Pista del 1976, anno in cui il trentino portò a casa il titolo mondiale nell’inseguimento a Monteroni di Lecce, precedendo l’olandese Roy Schuiten e il norvegese Knut Knudsen.

Inoltre, passando alla strada, terminò secondo nella prova iridata di Ostuni dietro all’insuperabile belga Freddy Maertens.

Avendolo appena citato, non potevamo non passare a Knut Knudsen, olimpionico a Monaco 1972 nell’inseguimento individuale e ottimo cronoman su strada.

La sua Bianchi Corsa è del 1979, stagione migliore della sua carriera su strada grazie alla terza piazza alla Sanremo, al trionfo nella crono da Lerici a Portovenere nel Giro d’Italia e al settimo posto mondiale a Valkenburg, edizione segnata dalla caduta in volata del nostro Giovanni Battaglin a causa del doppio zig zag da parte di Thurau e Raas.

Altro celebre pistard nonché olimpionico ad Atlanta 1996 fu Silvio Martinello ma, curiosamente, le sue due bici sono entrambe da corsa, specialità di cui fu comunque un ottimo interprete.

La prima è una Atala Corsa del 1988 e il ricordo va subito alla “Bufera del Gavia” avvenuta il 5 giugno al Giro d’Italia lungo la Chiesa Valmalenco – Bormio di 120 km.

Durante le sue telecronache sulla RAI, l’ex velocista ha più volte menzionato quella terribile giornata, in cui diversi atleti soffrirono pene infernali a causa dell’assideramento lungo la discesa verso Bormio, dovendosi ritirare o concludendo lontanissimi dal vincitore Erik Breukink.

La seconda è invece una Pinarello Corsa del 1994, dunque un altro brand storico del Made in Italy, nato a Treviso nel 1953 grazie a Giovanni “Nani” Pinarello.

In quell’occasione, Silvio partecipò ancora alla “Corsa Rosa”, ritirandosi alla quindicesima tappa, resa celebre dai durissimi attacchi in salita di Marco Pantani, che fecero crollare il navarro Miguel Indurain lungo la Merano – Aprica.

Giunti a metà del nostro viaggio, ci siamo rituffati nel periodo seguente alla fine della Seconda Guerra mondiale, in cui i vari popoli colpiti dalla miseria e dalla distruzione stavano tentando la via verso la rinascita. Rinascita che fu velocizzata in Italia anche grazie ai ciclisti, su tutti Coppi, Bartali e Magni e alle case produttrici.

Possiamo dunque lustrarci gli occhi davanti alla Bianchi Folgore del 1947, su cui corse Bruno Pasquini. Il ragazzo toscano, storico gregario di Bartali e Coppi, trionfò al Giro di Toscana e giunse quattordicesimo al Giro d’Italia durante quella stagione.

Tesserato per la Legnano, aiutò capitan Gino Bartali lungo la “Corsa Rosa”, in cui Ginettaccio dovette soccombere per 1’43” dinnanzi all’indomabile rivale Fausto Coppi.

Di tre anni più giovane è invece la mitica Wilier Corsa – Pista appartenuta ad Antonio Bevilacqua nel 1950 per un connubio completamente veneto.

Storico marchio italiano fondato da Pietro Dal Molin a Bassano del Grappa (VI) nel 1906, la Wilier Triestina aprì una propria squadra professionistica tra il 1946 e il 1951, schierando corridori quali Fiorenzo Magni, Giordano Cottur, Luciano Maggini e lo stesso Bevilacqua.

La bici esposta fu usata per alcune gare su pista nell’inseguimento individuale e proprio nel 1950, ai campionati mondiali di Rocourt, “Tony” conquistò la medaglia d’oro nella sua specialità prediletta, precedendo l’olandese Wim van Est e il francese Paul Matteoli.

Realizzata nel 1950 è pure la Sala – La Brianzola Stayer, che sarebbe stata scelta negli anni ’70 da Gianfranco Trevisan per alcune uscite su pista.

Un celeberrimo pistard fu anche Franco Gandini, di cui possiamo visionare una Lygie Corsa del 1956, stagione in cui si laureò campione olimpico nell’inseguimento a squadre a Melbourne.

A proposito del parmense, Trevisan ha voluto ricordarmi l’episodio dei campionati su pista a Rocourt nel 1957, quando il nostro atleta trionfò nell’inseguimento individuale e dormì per una notte con la maglietta arcobaleno, per poi vedersi declassato al secondo posto il giorno successivo a causa di un’invasione. Il titolo passo così al francese Roger Rivière.

La Cicli Lygie è invece tra le più antiche marche di produzione nostrana, essendo stata creata nel 1905 dal milanese Alfredo Sironi.

La bici d’epoca successiva è una Magni Pista del 1960, su cui effettuò qualche apparizione Guido Carlesi.

Il forte livornese si distinse però soprattutto su strada, conquistando un’ottima sesta piazza al Giro d’Italia nel 1960 (5º nel 1961) e addirittura il secondo posto al Tour de France nel 1961 alle spalle del solo Jacques Anquetil e davanti all’intramontabile lussemburghese Charly Gaul per appena 2″.

Su altri pezzi della collezione abbiamo infine posto solo qualche accenno, pur essendo altrettanto meritevoli di attenzioni.

Annoveriamo tra questi la Bianchi Corsa Campione del mondo usata dall’imolese Diego Ronchini nel 1958, la Bianchi Corsa del 1964 su cui gareggiò Gianfranco Trevisan, la Bianchi Specialissima guidata dal belga Rik Van Linden al Giro d’Italia nel 1975, la Bianchi Corsa su cui pedalò Silvano Contini nel 1983, la Dosi Corsa – Cronometro di Marco Pantani al Giro d’Italia dilettanti nel 1991, la Cinelli Tandem Pista del 1960 su cui corsero gli olimpionici Sergio Bianchetto, Giuseppe Beghetto, Sante Gaiardoni e Angelo Damiano, la Chiorda Corsa 1970 appartenuta a Franco Balmamion, la Benotto Corsa di Roberto Visentini tra il 1981 e il 1982, la Bartali Corsa utilizzata da Michele Dancelli nel 1967, la Atala Corsa di Luciano Pezzi nel 1949, la Frejus Campione del Mondo di Gino Bartali nel 1934, la Ganna Paris-Roubaix di Fiorenzo Magni nel 1951, la Legnano Corsa di Pietro Parpajola nel 1932, una Umberto Dei Marca Oro del 1941, una Bianchi Tour de France del 1952, la Peugeot Corsa di Roger Pingeon nel 1967 (anno in cui vinse il Tour de France), la Lygie Pista di Sergio Bianchetto nel 1961, una Wilier-Triestina Corsa Speciale del 1946, una La Française-Diamant del 1908 e la leggendaria Bianchi Modello M su cui disputò varie corse il toscano Nello Ciaccheri nel 1923.

Per maggiori informazioni:
bicicampionissimi.it
giroditaliadepoca.eu

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A proposito dell'autore

Ha gareggiato per diverse stagioni nel mondo dell'atletica leggera come velocista prima di dedicarsi al ciclismo amatoriale. Grande appassionato di storia e di cultura sportiva, ha intrapreso la carriera giornalistica dopo la laurea in Lettere e ha fondato il team dilettantistico Fondocorsa assieme ad alcuni amici. In estate potreste trovarlo su Stelvio e Gavia, ma la salita non è proprio la sua specialità migliore.