Illustrazioni di Cecilia TurchelliSella biciclette da corsa: tutto ciò che bisogna sapere Riccardo Tempo 23 Dicembre 2015 Wiki Bike Il nostro viaggio nel mondo della sella inizia dalle bici da corsa, quale scegliere, i vari modelli presenti e le misurazioni fondamentali da conoscere. Come scegliere la sella giusta per la bici da corsa? La sella è uno dei tre punti d’appoggio sulla bicicletta per il corpo umano, assieme al manubrio e ai pedali. Quanto potrebbe cambiarci la vita l’utilizzo di un sellino giusto piuttosto che uno sbagliato e quali sono i parametri da seguire in una tale scelta? Questo viaggio all’interno del mondo delle selle ci porterà alla scoperta di numerosi fattori grazie a cui potremmo migliorare la nostra salute, il nostro comfort e – perché no? – la qualità delle nostre performance. Come è composta una classica sella? Le selle da corsa hanno una forma affusolata e devono fornire rigidità in modo da regalare una maggiore stabilità al bacino e alle tuberosità ischiatiche. Le sue caratteristiche basilari sono: leggerezza, forma stretta e minima imbottitura. È inoltre composta da tre parti principali: telaio, corpo sella e rivestimento. Telaio della sella Il telaio consente il collegamento tra sella e reggisella e può essere realizzato in diversi materiali, tra cui acciaio, titanio, fibra di carbonio, alluminio, magnesio e materiali compositi. Di forma triangolare, sorregge il corpo sella attraverso un punto d’appoggio anteriore e due posteriori e lo spazio compreso tra la coppia di tubi paralleli è denominato “carrello”. Quest’ultimo elemento permette di regolare la sella nel miglior modo possibile e più sarà lungo più fornirà un maggior numero di possibilità nella regolazione. Corpo sella Il corpo sella è costituito dallo scafo e dall’imbottitura ed è l’elemento principale del sellino. Un corpo sella comodo permette una pedalata più efficiente, regalando al corridore una maggiore resistenza all’affaticamento. Scafo della sella La caratteristica fondamentale dello scafo è l’elasticità, grazie a cui si deforma in modo da adeguarsi alla conformazione del bacino e assorbe le vibrazioni che, partendo dalle ruote, si diffondono lungo il telaio. Non essendo però l’assorbimento di vibrazioni il focus principale per una bici da corsa, verrà privilegiata la leggerezza dei materiali rispetto ad altri aspetti. Così come il telaio, può essere realizzato in diversi materiali: dalla classica plastica alla fibra di carbonio, passando per il titanio, l’acciaio nel caso delle selle in cuoio e alcune soluzioni che contemplano inserti in elastomeri (cioè, quei polimeri naturali o sintetici aventi il comportamento della gomma elastica). Per quanto riguarda il design, non ha una forma ideale viste le differenze fisiche tra ogni ciclista. Il telaio viene attaccato allo scafo tramite incastro o per incollamento. Oltre ai modelli classici, è presente sul mercato anche la sella con canale centrale scavato, grazie a cui vengono eliminate le compressioni ai tessuti molli della zona perineale maschile e femminile. La sua forma a becco d’aquila serve a sostenere le tuberosità ischiatiche, facilitando l’azione di pedalata pure per chi sia carente sotto il profilo della mobilità articolare. La sella da donna presenta a sua volta una forma diversa rispetto a quella da uomo. Difatti, il bacino femminile è più sviluppato in larghezza, mentre quello maschile in altezza. Negli anni, diversi marchi hanno diversificato i propri sforzi a seconda del sesso, producendo così numerosi modelli di ottima fattura anche per le donne. Imbottitura della sella L’imbottitura è il fattore decisivo per la comodità e per la stabilità del bacino e, in particolare, delle tuberosità ischiatiche, a cui è demandata la funzione di reggere il peso del corpo in posizione seduta. Troverete però degli scafi privi di copertura, ma non spaventatevi! Infatti, oltre a risparmiare qualche grammo di peso, rimarrete sbalorditi dall’incredibile stabilità anche se, per una pedalata molto lunga, è forse preferibile il comfort dell’imbottitura (soprattutto per i meno allenati). Per quest’ultima vengono solitamente impiegate schiume poliuretaniche semirigide a pelle integrale (o autopellenti) e nelle porzioni in cui si concentra maggiormente il peso dell’atleta sono aggiunti alcuni spessori, mentre le zone di minore concentrazione vengono alleggerite. Oltre alle schiume è sempre più utilizzato pure il gel, materiale perfetto per rendere confortevole l’appoggio e con cui si possono creare inserti da piazzare in punti focali del sellino. Rivestimento della sella Il rivestimento è la componente a diretto contatto con i nostri pantaloncini. Dotata di proprietà ipoallergeniche (per evitare le allergie), traspiranti e antiscivolo, può essere costruita in materiali sintetici o in pelle (marchio di fabbrica della Brooks). Le capacità di traspirazione servono per evitare un eccessivo accumulo di calore, mentre la qualità antiscivolo consente di non scivolare avanti e indietro sulla sella ed è aiutata dai ricami o inserti sulla “pelle della sella”. Inoltre deve asciugarsi velocemente dall’acqua ed essere piuttosto liscia poiché un’eccessiva ruvidezza rischierebbe di rovinare il tessuto dei pantaloncini ed è proprio questa la motivazione dell’insuccesso dei rivestimenti integrali in kevlar, fibra sintetica ultraresistente e leggerissima dagli innumerevoli usi. Breve storia della sella Il primo prototipo di bicicletta non montava alcun tipo di sella. Infatti, la draisina, inventata da Karl Drais nel 1817, non aveva pedali e dunque la spinta era dovuta al contatto dei piedi con il terreno e la posizione del “ciclista” era eretta. Nel 1818, l’inventore francese Nicéphore Niépce costruì il velocipede, prendendo spunto dalla draisina e, rispetto alla creazione del nobile tedesco, aggiunse una sella. La trasmissione a pedali fu invece inserita circa mezzo secolo dopo grazie all’ingegno del francese Pierre Michaux. Suo figlio Ernest, allora diciannovenne, andò da lui a lamentarsi della scomodità della draisina e, allora, gli soggiunse l’idea di aggiungere i pedali e, di conseguenza, anche la sella (oltre al freno). Così, per la prima volta, nacque il concetto di “pedalata da seduto” nel modo in cui viene inteso oggi. La struttura e la funzione di questo nuovo elemento fu attinta dall’equitazione e il primo modello di velocipede di Michaux venne completato nel 1862, toccando il proprio apice di fama fra il 1867 e il 1870. Da allora, il miglioramento tecnologico ha permesso di realizzare selle notevolmente più comode e performanti, tenendo conto delle differenze tra le varie tipologie di biciclette e di conformazione fisica tra uomo e donna. Il perfezionamento della posizione sulla sella da parte dei professionisti è divenuto così importante al punto da scomodare la biomeccanica e le rispettive applicazioni in laboratorio. Elemento centrale per il ciclista, è spesso poco notato dal pubblico, solitamente più focalizzato verso le geometrie del telaio e i materiali con cui esso viene costruito. Ma, ai mondiali di Richmond 2015 è tornato alla ribalta: nella prova in linea élite maschile, l’azzurro Fabio Felline ha dichiarato di avere corso per ben due giri con il sellino rotto, compromettendo le proprie energie in vista dell’ultimo tratto. Quindi, dall’amatore domenicale agli atleti di vertice, occhio alla sella! Quali problemi può causare una sella sbagliata? Sotto il profilo anatomico, il sellino è un punto assai delicato a causa della compressione della zona perineale (comprendente diaframma pelvico, trigono urogenitale e piano superficiale del perineo) e delle possibili sindromi derivanti dallo schiacciamento del nervo pudendo, molto sollecitato a causa degli impatti dovuti alle asperità del terreno soprattutto in caso di dimensioni ridotte e scarsa imbottitura della sella. Ciò causa una pressione ripetuta e non permette al nervo lo scivolamento all’interno del canale, creando traumi; inoltre, il mix tra la compressione della zona perineale dovuta alla parte anteriore della sella e l’inclinazione anteriore del tronco, schiaccia ulteriormente il nervo che, durante la pedalata, viene stirato sopra ai legamenti sacrotuberoso e sacrospinoso per colpa del movimento delle gambe e del posizionamento in avanti del tronco. Quindi, una “tranquilla” gita in bici può sottoporre la nostra struttura a stress da compressione prolungata e traumi da urto. Lo stress da compressione prolungata è caratteristico nello stradista a causa del suo appoggio costante sulla sella, mentre i traumi da urto sono più classici per i “bikers”. L’apparizione di formicolii, infiammazioni o sfoghi cutanei nella zona perineale potrebbe essere dovuta anche alla tipologia di fondello impiegato oppure a una scarsa igiene intima e non solo al modello di sella usato. Diversi uomini vivono inoltre nel terrore di contrarre un tumore ai testicoli oppure di perdere la fertilità proprio a causa del sellino. In realtà, i medici non hanno mai espresso alcuna teoria assoluta poiché queste patologie potrebbero essere innescate da innumerevoli fattori, tra cui la predisposizione genetica, la scorretta alimentazione, l’età e non solo. Alcuni studi scientifici hanno, tra l’altro, definito come i ciclisti abbiano mediamente una produzione spermatica ben più rilevante rispetto ai sedentari poiché l’attività fisica favorirebbe anche questo aspetto, mentre la motilità spermatica rientrerebbe ai livelli normali nel giro di poche ore dal termine della pedalata così come il testosterone. Queste teorie si basano sui test realizzati dagli scienziati della Medical School e del Department of Epidemiology and Public Health alla University College London, con cui demoliscono la tesi del dottor Irwin Goldstein il quale, nel 1997, aveva collegato l’infertilità alle troppe ore passate in sella, dichiarando che pure le donne avrebbero rischiato la stessa patologia, pur non essendovi studi a riguardo (il connubio tra infertilità e sella sarebbe stato poi confermato dalla dottoressa spagnola Diana Vaamonde che, nel 2009, analizzò un campione di quindici triatleti professionisti). Perciò, non allarmatevi. I motivi causanti l’infertilità sono ben altri! Se foste interessati a un approfondimento sulle selle per bici da donna, leggete l’articolo di Elena Martinello. Meglio una sella rigida o morbida? La sella ideale non deve essere né troppo rigida né troppo morbida poiché nel primo caso potrebbe causare problemi alla schiena, mentre nel secondo rischierebbe di compromettere una buona postura. Perciò, dipende dal vostro utilizzo: per chi pedali su una bici da corsa è preferibile una buona durezza (senza esagerare!), mentre il cicloturismo esigerebbe una superficie un po’ più soffice. Adesso andiamo ad analizzare un parametro su cui le case costruttrici focalizzano la propria attenzione da anni, cioè la larghezza della sella. La larghezza della sella: un parametro fondamentale per una scelta adeguata La larghezza del sellino è un parametro fondamentale per la salute e per la comodità del ciclista e questa sensazione di comfort porterà facilmente a ottenere anche una performance di maggiore qualità. La distanza fra le ossa ischiatiche è il punto focale su cui i costruttori basano la larghezza della sella che, dunque, dovrebbe essere realizzata su misura per ogni persona, con differenze importanti tra uomo e donna. Quando il sellino è troppo largo, tendiamo difatti a spostare il baricentro in avanti ondeggiando durante la pedalata e creando fastidi di strofinamento all’interno coscia mentre, in caso di appoggio troppo stretto, spostiamo il corpo all’indietro perdendo efficacia nel nostro movimento e relegando un affaticamento ulteriore alle braccia. Lungo gli ultimi anni, le case produttrici hanno tentato di fornire una soluzione a questo problema, cogliendo spunti particolari e innovativi. In ogni caso, la scelta del prodotto deve basarsi anche sulla conformazione e non solamente sulla larghezza poiché capita spesso che qualcuno si trovi scomodo nonostante quest’ultima sia perfetta e, a tal proposito, le aziende hanno incominciato a proporre selle con appoggi diversi oltre che a larghezze differenti. Soluzioni delle aziende per la larghezza della sella Bisogna lavorare sulla parte anteriore o su quella posteriore? A questo dilemma, i vari produttori hanno tentato di fornire una propria soluzione, dividendosi equamente sui due aspetti. Selle Italia ha creato il modello SLK che, nella porzione posteriore, è formato da due parti staccate libere fra loro, permettendo alla sella di seguire il movimento alternato delle gambe. In precedenza, Fi’zi:k aveva progettato Arione, dotata di uno scafo adattabile alle dimensioni del corridore e resa flessibile grazie ad alcuni inserti in Wing Flex nella zona che si allarga verso la parte posteriore. Il bacino riesce così a muoversi liberamente, mantenendo uno scarico del peso uniforme sullo scafo. Selle San Marco e SMP hanno invece concentrato i propri sforzi sulla fascia anteriore. Selle San Marco si è focalizzata sulla soluzione della punta maggiorata, consentendo così una corretta distribuzione del peso durante gli spostamenti in avanti nei momenti più ardui. SMP ha pensato a sua volta una sella in grado di aiutare il ciclista nelle fasi più difficili grazie allo scaricamento del peso per merito della particolare zona anteriore. Specialized ha invece puntato sul metodo Body Geometry Fit, mettendo in vendita tre misure differenti. I rivenditori del brand americano sono muniti di una strumentazione apposita per misurare con precisione la distanza tra le ossa ischiatiche in modo da riportarla sul sellino della rispettiva taglia. La giusta posizione in sella: altezza e arretramento La giusta posizione in sella si basa su due parametri fondamentali, cioè l’altezza e l’arretramento del sellino. Svariati esperti di biomeccanica hanno compiuto importanti studi su entrambi, mostrando come siano strettamente correlati tra di loro. Difatti, in caso di abbassamento della sella, ci sarà anche una diminuzione dell’arretramento e viceversa. Il rapporto esistente tra i due valori è di 10:3, cioè a 10 millimetri di variazione dell’altezza corrisponderanno 3 millimetri di arretramento. L’obiettivo della giusta posizione in sella consiste nell’erogazione della maggiore potenza possibile da parte della gamba, senza però disperdere alcuna energia nel recupero del pedale. Perciò, il sellino non deve essere né troppo alto (per evitare la completa distensione degli arti inferiori durante la pedalata) né troppo basso (per il motivo opposto) e, al contempo, né troppo avanzato né troppo arretrato per permettere al ciclista di esprimere contemporaneamente potenza e fluidità d’azione. A proposito, leggete il nostro articolo approfondito sui metodi di misurazione di altezza e arretramento sella, in cui siamo partiti dai sistemi biomeccanici più avanzati fino ad arrivare alle “pratiche empiriche di una volta”. La sella è resistente sulle bici di oggi? UNI (Ente nazionale italiano di unificazione) ha pubblicato alcune norme tecniche riguardanti il mondo della bici, selle comprese. Le norme tecniche sono documenti tecnici approvati da organismi riconosciuti (l’UNI è riconosciuto dallo Stato e dall’Unione Europea), basati sui risultati dell’esperienza e dello sviluppo tecnologico secondo il principio dello “stato dell’arte”, cioè il livello tecnologico più alto esistente in un certo campo d’indagine. Le biciclette europee “a norma” devono dunque essere progettate rispettando alcuni parametri; le bici da corsa sono state soggette alla norma UNI EN 14781 tra il 2005 al 2014, poi sostituita dalla norma UNI EN ISO 4210 parti 1-9. Per quanto riguarda la resistenza delle selle (UNI EN ISO 4210-9:2014), i produttori devono sottoporle a un test di fatica, in cui viene applicata una forza di 1.000 newton verticalmente verso il basso per 200.000 cicli. Se non si dovessero verificare fratture o fessure visibili nel tubo reggisella o nel sellino né l’allentamento del morsetto della sella, significherebbe che quest’ultima è “in regola”.