La punzonatura: il rito che c’era e forse tornerà Piergiorgio Camussa 7 Agosto 2015 Brainstorming La punzonatura, della bici, è una di quelle parole che nel ciclismo ormai non si usa quasi più. Una di quelle parole che sanno di bianco e nero, di Coppi e Bartali e di tubolari a tracolla. Parole e ricordi che sanno di distacchi epici, di drammi di corsa e di tubolari cambiati al volo sul ciglio della strada. La Punzonatura, questa parola ormai semisconosciuta ai più e di cui il ciclismo si è servito per anni per indicare un’operazione tecnica, un rito, un appuntamento che da troppo tempo ormai non c’è più. In nessun modo si può essere più chiari e limpidi della prestigiosa Treccani che alla parola Punzonatura recita: “Nello sport del ciclismo, operazione ufficiale, prescritta in passato prima di ogni corsa, consistente nell’applicazione di speciali piombini al telaio e alle due ruote, affinché il corridore non possa (tranne che nei casi previsti dai regolamenti di gara) cambiare queste tre parti della bicicletta” Nei tempi del ciclismo moderno, di internet e di mille altre diavolerie, la punzonatura bici ha cambiato nome ed è diventata “verifica licenze”. Un appuntamento per soli addetti ai lavori: giudici di gara e direttori sportivi, a volte qualche sparuto giornalista. Solo in occasione dei grandi giri o delle classiche del nord e nemmeno in tutte, un minimo di tradizione è rimasta. Al Giro d’Italia“>Giro d’Italia, al Tour de France e alla Vuelta, il giorno precedente l’inizio della corsa è dedicato alla “presentazione delle squadre”. Un palco, uno speaker, i corridori e tanti tifosi. Sarebbe una ricetta semplice per far vivere la vigilia di corsa come Dio comanda. Una formula da resuscitare, rispolverare e tirare a lucido ancor di più in tempi di doping tecnologico. In tempi di presunti motorini, nascosti in ogni angolo a bordo delle bici dei campioni, atti ad aiutare le gambe, lo sforzo e la vittoria. I particolari che sono emersi da numerose indagini sono allarmanti, molto allarmanti. Motorini nascosti nei telai e forse anche nelle ruote, azionati con un bottone dal corridore stesso o via bluetooth addirittura dall’ammiraglia. Roba da fantascienza. Da geni del male, in questo caso male del ciclismo. L’Unione Ciclistica Internazionale è corsa immediatamente ai ripari inserendo a stagione in corso un nuovo regolamento: il 12.1.013bis “Frode tecnologia”. Esso prevede ammende dai 19.000 ai 192.000 euro per i corridori e dai 96.000 ai 960.000 per i team. Per combattere i “furbetti del motorino” l’UCI ha messo in campo dapprima gli scanner, con cui venivano passate ai raggi X le bici dei sospettati. Il costo troppo elevato delle apparecchiature ha però suggerito il passaggio alle sonde, con cui i commissari nel dopo gara controllano le biciclette. La ricerca dei motorini ha mosso persino la magistratura con un eclatante blitz alla Milano Sanremo che ha scatenato accese discussioni tra i team manager delle squadre e i commissari per i modi non proprio cavallereschi utilizzati da questi ultimi, in un momento di sospetti e di inutili illazioni, perché non rispolverare “lei”? “Lei” che dopo tanti anni di penoso oblio potrebbe tornare in auge. “Lei”, la punzonatura, che potrebbe darci la possibilità di fugare i nostri dubbi e al tempo stesso far tornare un rito del ciclismo d’antan. Perché non ripensare alla punzonatura bici in chiave moderna? Perché non verificare a tappeto e quindi punzonare un tot di biciclette e ruote per ogni corridore? Perché durante quest’operazione non rendere i corridori primattori quali sono di un rito, una cerimonia quale la presentazione delle squadre? Perché non rendere le vigilie frizzanti e cariche di attesa come si addice ad eventi di così tale spessore sportivo? L’UCI si appresta a breve ad una riforma epocale del ciclismo. Sarebbe bello e soprattutto auspicabile che i più alti dirigenti di questo sport lo riformassero partendo dalle sue radici più profonde e dalle sue tradizione, senza isterismi e inutili complicazioni.