fb/Astana Cycling TeamGiro d’Italia 2016, terza settimana: 10 cose a ruota libera Giacomo Pellizzari 30 Maggio 2016 Brainstorming È finita la terza settimana del Giro d’Italia. È finito il Giro d’Italia. Sembrava uno dei più brutti di sempre, si è trasformato in uno dei più belli in assoluto. Personalmente, credo, nel più bello degli ultimi 15 anni. Autore dell’incantesimo, Vincenzo Nibali. Sono bastati due giorni e due montagne sopra i 2 mila metri e l’incantesimo si è compiuto. Adesso diventa difficile raccontarlo. Analizzare con ordine tutte le tappe, sintetizzarne i punti salienti, sforzarsi di rimanere razionali. Io ci proverò, per quanto possibile. [Update gennaio 2020]: Ti interessa il Giro d’Italia? Abbiamo pubblicato sul nostro sito un approfondito articolo dedicato alla sua prossima edizione: clicca oltre per leggere del Giro d’Italia 2020. Partito in sordina, il Giro d’Italia 2016 è rimasto nel cuore di tutti gli appassionati e non solo. Ha stravinto Vincenzo Nibali dicevo, dopo che per tutti aveva straperso. Ed è stato bellissimo proprio perché andata così. Fosse andata diversamente, avesse vinto facile come volevano i pronostici, non ci saremmo emozionati. Nibali è resuscitato dopo che era affondato. Una sorta di Titanic all’incontrario. Affonda l’iceberg, emerge lui. Lo ha fatto perché ha scelto, da solo (e lo si può fare solo così), di non affondare. Ha dovuto toccare il fondo. Ed essere sicuro di averlo toccato per davvero. Poi è risalito, con le sue pinne. Ora, dopo questo, credo sia pronto per tutto. Francamente credo che nessuno si aspettasse una cosa del genere. Siamo onesti. E allora, dai, proviamoci. Sotto con le 10 cose più belle di questo Giro d’Italia 2016. 1 – Andalo o Madonna di Campiglio? La tappa numero 16, da Bressanone ad Andalo, può essere per Nibali quella della fine. Il ritardo di quasi 5 minuti sulla maglia rosa Kruijswijk, l’incapacità di tenere il ritmo dei migliori appena la strada si impenna, danno lo stesso terrificante segnale. Andalo sarà la Madonna di Campiglio di Nibali. Tutti i ciclisti ne hanno una, da Pantani in avanti: fermato e squalificato a Madonna di Campiglio il 5 giugno 1999, dopo aver stravinto il Giro d’Italia, per ematocrito alto. Non si riprese più. Per Nibali sembra arrivato il momento: Andalo 24 maggio 2016. Con il morale 10 cm sotto le tacchette, la gente che scuote la testa e se ne va, i media che lo scaricano, ripartire è dura. È la fine. No. L’inizio. Forgiato dall’orlo del baratro, rinasce un nuovo Nibali. Imprevisto, inatteso, meraviglioso. Ciò che non distrugge, rende più forti: è scientifico. Metempsicotico (sì lo so non esiste, l’ho inventato io). 2 – 2000 metri sul livello dei sogni È la quota dove avviene la metamorfosi di Vincenzo Nibali: sopra i 2000 metri di quota, rinasce. È ufficiale. Comincia, o torna, a respirare proprio dove l’ossigeno si rarefà. Nella discesa, folle, dal Colle dell’Agnello impone un ritmo spericolato. Troppo per il povero Kruijswijk, non avvezzo alla disciplina, che cade clamorosamente. Strategia, non solo fortuna. Errore, e grave, dell’olandese, non solo scivolata. Capitombolo nella neve e fine dei sogni. Stralunato, Steven riparte ma non è più lui. Si domanda dove siano le dighe di casa. Altra metempsicosi dei 2000 metri. Secondo atto: a quota 2000, tanto per cambiare, della salita verso il colle della Lombarda, va in scena la progressione con cui Nibali chiude i conti. Programmata, curata, infine attuata. Chaves non resiste, Valverde nemmeno. Giro fa rima con squalo per la seconda volta. Spietato. Nibali, Chaves e Kruijswijk salgono insieme sul Colle dell’Agnello; poco dopo ci sarà la caduta in discesa che metterà fuori gioco l’olandese. 3 – Kruijswijk, il sergente nella neve E torniamo all’olandese Steven Kruijswijk, maglia rosa prima di quella maledetta curva nella neve del Colle dell’Agnello (tappa 19). Lì, in quel momento, mentre Nibali e Chaves andavano giù come i pazzi, deve essersi sentito qualcosa dentro: oddio, adesso cado! Sbaglia completamente curva e bum! Tutto è bianco: nebbia per nuvole basse, freddo e muri di neve. Mi piace pensare che abbia perso il senso dell’orientamento. Sbatte forte e si ribalta. Ne esce stordito e, si scoprirà poi, con una costola rotta (!). Arriverà lo stesso alla fine del Giro. Mario Rigoni Stern ne avrebbe scritto come di un soldato dall’alto valore militare. Valoroso. 4 – Esteban Chaves Che bello. Ride della rosa persa, ride perché è fatto così. Si vede che in Colombia tutto è più leggero, come il suo corpo. “Colibrì” lo chiamano e come dargli torto? Il video della sua felicità per aver perso da Nibali, fa il giro del web in poche ore. Un enorme spot per il ciclismo. Esteban è peso piuma, come ogni colombiano che si rispetti, cresciuto a Bogotà, la città più ciclabile del mondo e sinceramente innamorato della salita. Chissà cosa avrà pensato del Colle dell’Agnello e della Bonette? Semplicemente il gioco stavolta era troppo duro anche per lui. Per tutto il resto, perfetto. Predestinato. Il colombiano Chaves sul podio di Torino sorridente come il giorno prima quando Nibali gli ha soffiato la maglia rosa. 5 – I genitori di Esteban Chaves Voto: 110 e lode. Giunti a Sant’Anna di Vinadio per accogliere il figlio in maglia rosa, gli tocca vederci arrivare un siciliano imbufalito, Vincenzo Nibali. Lo raggiungono come due marziani, lo abbracciano, gli fanno i complimenti, quasi fosse lui il figlio tanto atteso. Nibali, sinceramente sorpreso, gli si butta al collo in un abbraccio tra i più belli mai visti. I microfoni e telecamere del mondo sono tutti per loro. Nel calcio succede mai? Belli dentro. 6 – Michele Scarponi e la sua statua Allora, quando la facciamo? È già nata una task force per chiedere un monumento a Michele Scarponi da Filottrano. A lanciarla, subito dopo la tappa di Sant’Anna di Vinadio, Vincenzo Nibali. Sul Colle dell’Agnello, Scarponi transita primo, potrebbe vincere la tappa, con una fuga leggendaria e di chiappucciana memoria. Ma non può. Ha un altro compito. Gli dicono di aspettare il suo capitano. E lui lo fa, felice e senza batter ciglio. Lo scorta su per l’ultima salita fino a fargli ribaltare là il Giro d’Italia intero. Il giorno dopo si ripete insieme ai compagni Fuglsang e Kangert. Monumentale. Scarponi in questo Giro è stato molto di più di un gregario e ha avuto un ruolo fondamentale nella vittoria del suo compagno di squadra. 7 – Lorenzo Cherubini Jovanotti Sì, avete capito bene: il cantante. Jovanotti scrive, a caldo, un post su Facebook che dice tutto sulla vittoria di Vincenzo Nibali. Il ciclismo è bello perché contiene tutte le sfumature della vita. Lo dice un cantante, un creativo, uno che dovrebbe avere le antenne ben puntate a raccogliere tutto il sale della vita. Forse il ciclismo non è solo brutture e imbrogli allora. Poetico. 8 – Piangere di ciclismo All’arrivo della 19esima tappa a Risoul, quella della riscossa, Nibali si accascia sul manubrio e scoppia in un pianto liberatorio, divenuto virale in pochi minuti. Come ha detto bene Gianni Mura su Repubblica, non si vede altro che le sue spalle azzurre ansimare e sussultare, scosse da una forza nuova. La carcassa di un corpo martoriato dalla fatica e dalle botte di tutti i tipi che torna a rinascere. La larva di un nuovo ciclista. Succede spesso nel ciclismo di vedere piangere. È uno sport umano il ciclismo, non potevate accorgervene prima? Catartico. Il Giro 2016 ha regalato grandi emozioni anche grazie a tappe ben congegnate e spettacolari come il tratto lungo le Strade Bianche; speriamo che la Corsa Rosa torni a competere con il Tour de France. 9 – Il carro del vincitore È inevitabile: quando vince chi si dava per perso, succede sempre che ci si divida. Chi sale sul carro del vincitore, sempre spazioso, e chi vorrebbe buttar giù chi lo fa: incoerente e opportunista! Cerchiamo di uscirne da questo giochino, che dite? Avevamo tutti un gran bisogno di emozionarci. Questa è la verità. Il resto non conta. Mi piace pensare che anche chi è stato severo con Vincenzo nei “giorni dell’abbandono”, lo abbia fatto perché, in fondo, soffriva con e per lui. Mandiamolo al macero questo dannato carro, allora. Che dite? Rottamato. 10 – E se anche il Giro? Considerazione finale: e se anche il Giro facesse come Nibali? Caduto in fondo al baratro, risorgesse nuovo di zecca? Tornasse una grande corsa, la più bella come percorso e in grado di competere davvero, come una volta, con il Tour de France? Sto sognando, vero? Una domanda prima di andare a lavarmi la faccia però la faccio: le emozioni che ci ha dato questo Giro d’Italia 2016 saprà darcele anche il Tour de France? Ad Aru l’ardua sentenza. Beneaugurante. Leggete anche i miei commenti dopo la prima settimana e dopo la seconda settimana di questo Giro d’Italia 2016.