Cicloturismo: una ragazza, la sua bici e cinque passi alpini Michela Fenili 23 Ottobre 2015 Cicloturismo Il racconto-diario di Michela, un’appassionata pedalatrice alla scoperta di cinque passi alpini, sei tappe e 450 km macinati in sella alla sua fedele due ruote Ho iniziato a lavorare nella bike industry il 3 marzo 2008 e non sapevo nemmeno che esistessero diversi tipi di bici. Col tempo ho scoperto come ce ne siano tanti, guidati anche da alcuni pazzi, e come mi piaccia pedalare e vedere posti nuovi. Ho inoltre capito come la fatica mi dia soddisfazione e come sia divertente lamentarsi. Ogni volta in cui pedalo mi viene quella voglia di provare a fare qualcosa di più, per cercare di andare oltre il limite. I mitici tornanti che conducono al passo dello Stelvio È finalmente giunta l’estate, il momento di pensare a quella settimana di ferie ad agosto, ed è arrivata l’idea dell’AlpenTour, un giro tra cinque passi alpini che ho voluto dedicare a mio modo all’ex-collega e rider Walter Belli e a tutti quelli che ogni giorno lottano e superano dei limiti, qualsiasi essi siano. (Per chi volesse approfondire, il comitato Forza Walter aggiorna la pagina Facebook con iniziative per donare e sostenere Walter e la famiglia: www.facebook.com/forzawalter). La partenza è avvenuta a Iseo, paesino sul lago in provincia di Brescia; poi cinque passi di montagna tra le Alpi, passando dalla Val di Sole per la Coppa del mondo di downhill e ritorno alla base in quel di Iseo (BS). Un giro ad anello spettacolare, che mi ha visto valicare nell’ordine: passo del Vivione (1.827 m), passo del Gavia (2.652 m), passo dello Stelvio (2.758 m), passo delle Palade (1.518 m) e passo del Tonale (1.884 m). Sei tappe, circa 450 km e più di 10.000 metri di dislivello; passo dopo passo, dai più blasonati ai meno conosciuti, ho avuto modo di realizzare un’esperienza che mi ha messo alla prova, dimostrandomi ancora una volta come la determinazione ti porti ovunque. Quando faticavo sulle pendenze al 16% del Gavia, pensavo “#staystrong”, sempre, anche quando la cima sembra non arrivare mai e pensi che sia troppo per te. Arrivata sulla cima di ogni passo ho attaccato un adesivo con la scritta #staystrong: questo non è solo un adesivo ma è molto di più, un’incitazione a non mollare mai ed è l’inno di Walter Belli. Sulla scia di questo inno sono partita. Il lago d’Iseo ha sempre il suo fascino, è piccolo, meno conosciuto e turistico dei classici laghi di Como e Garda ed è racchiuso tra le montagne, circondato da pittoreschi piccoli paesini, dove si respira aria genuina di ‘fuori città’, in cui il turismo è ancora locale. Monte Isola, la più grande isola lacustre abitata d’Europa (9 km di perimetro e circa 1.770 abitanti divisi in 9 frazioni) situata in mezzo allo specchio d’acqua, ne è stata la ciliegina sulla torta. Questo è stato il mio punto di partenza per poi proseguire lungo la ciclabile, che gira intorno al lago (il giro completo è lungo 65 km). Subito dopo il paese di Pisogne ho però cambiato rotta, seguendo il corso del fiume Oglio, presso cui passa una bella ciclabile che arriva fino al passo del Tonale: “la ciclovia del fiume Oglio” (https://www.cicloviafiumeoglio.it/). A questo punto, non sono andata dritta al passo del Tonale, sarebbe stato troppo facile, ma ho deviato all’altezza di Darfo Boario Terme, salendo fino al Lago Moro e poi proseguendo nella Val di Scalve e percorrendo un tratto di un’altra ciclovia molto suggestiva, “La via Mala” che, pur essendo chiusa in diversi tratti a causa di alcune frane, è risultata comunque spettacolare grazie al suggestivo canyon a strapiombo sul torrente Dezzo, su cui si snoda. La mia meta per la notte è stata Pianezza, l’ultimo paesino della Val di Scalve, con poche case e profumo d’estate. Partendo dal paese e salendo a piedi per circa un’ora per un sentiero di montagna si possono raggiungere i resti della Diga del Gleno, che fu costruita fra il 1916 e il 1923. Lunga 260 metri, crollò l’1 dicembre 1923, causando un’immane tragedia che sconvolse la valle. La diga del Gleno Dopo circa 60 km e 2000 metri di dislivello sono quindi andata a visitare la diga e ad attendere il tramonto, sentendomi in soggezione di fronte all’imponente struttura e al pensiero del disastro accaduto. Sono stata comunque contenta di aver chiuso con successo la mia prima tappa in un luogo così maestoso; sono proprio questi i posti unici e ricchi di storia da scoprire, di cui il nostro paese è disseminato. Il giorno dopo, il meteo aveva previsto pioggia sin dal pomeriggio. Il programma consisteva nella scalata del passo del Vivione con partenza da Schilpario, per poi raggiungere Ponte di Legno. Il passo del Vivione conta 12 km e non è tra i più famigerati del ciclismo, pur regalando panorami bellissimi, strade tranquille e poco trafficate e l’arrivo presso un bellissimo rifugio sulla cima a 1.828 metri. Ho piazzato proprio qui il mio primo adesivo #staystrong in onore di Walter, fermandomi a rifocillarmi con un panino e una birretta, oltre a riprendermi dal freddo! Non vedevo l’ora di arrivare a Ponte di Legno perché il giorno dopo avrei dovuto scalare il temibile Gavia. Me ne hanno sempre parlato come uno dei passi più duri, non tanto per la sua lunghezza, ma per le pendenze cattive che si trovano verso l’inzio e la fine del percorso e per l’arrivo a 2.652 metri con un forte dislivello. Non nascondo di avere provato un po’ di paura nelle ore precedenti a quest’impresa, temendo di non farcela! A pochi chilometri da Ponte di Legno, dove avrei passato la notte, ho trovato una di quelle tipiche sagre estive, dove la gente del paese si ritrova, gioca a tombola e mangia prodotti locali restando a tavola tutto il pomeriggio, soprattutto in caso di pioggia e arietta fresca. Ho parcheggiato la bici e, ancora inzuppata, mi sono fiondata sotto al tendone della sagra, ritrovandomi al bancone a ordinare i casoncelli bergamaschi, ravioli tipici della zona a forma di mezzaluna con ripieno di carne, conditi con burro fuso, salvia e pancetta. Eccellenti e fatti a mano! Le cose semplici sono estremamente apprezzate nei momenti di stanchezza: sedersi su una panca in legno con tranquillità e mangiare un buon piatto caldo abbondante dopo la fatica, fa apparire tutto più delizioso e, soprattutto, meritato e conquistato. Mi sembra ancora di sentirne il sapore in bocca. Ho finito questa seconda giornata con la pioggia, 70 km circa e altri 2.000 metri di dislivello percorsi. È dunque giunta la terza tappa: partenza in prima mattinata per evitare l’acquazzone previsto verso mezzogiorno. Da Ponte di Legno ho raggiunto Santa Apollonia, da cui comincia la salita vera e propria, la carreggiata si stringe, il manto stradale diventa più grezzo, la strada sale a tornanti e la veduta sulla Valle delle Messi si amplia man mano che ci si arrampica, sempre con pendenze importanti (anche 15-16%). È iniziata, bisogna solo tenere duro, dosare bene le proprie forze e andare avanti, ricordandosi di non mollare: #staystrong! A circa 3 km dall’arrivo, all’ingresso di una galleria buia e suggestiva, ha iniziato a piovigginare e, proprio in quell’istante, ho incontrato un simpatico signore, il quale mi ha consigliato di coprirmi: “Perché quando si esce dalla galleria c’è sempre vento e oggi pioviggina!”. Mi sono riparata, indossando la giacca per difendermi da vento e pioggia e poi via, gli ultimi sforzi fino all’arrivo al rifugio, dove avrei scoperto l’identità di quella gradevole persona. Sulla cima, le nuvole si sono aperte per un momento e sono riuscita a scattarmi le foto di rito e ad attaccare con orgoglio il secondo adesivo #staystrong, pensiero che mi ha accopagnato lungo la salita. Pure questo passo è stato conquistato: il mio Gavia a 2.652 metri di altitudine. L’adesivo #staystrong di Walter Belli è su tutti i passi che Michela ha conquistato Dopo un enorme piatto di spaghetti al ragù, ho avuto la fortuna di chiacchierare con il mitico Tarcisio, colui che detiene il primato di salite sul Gavia (ecco chi era quell’uomo simpatico dai saggi consigli … lui lo conosce bene il percorso!) e Giacomo, il terzo in questa speciale classifica. All’interno del rifugio è presente un tabellone, su cui vengono segnate le ascese e Tarcisio ne conta ben 447 dal 2002, mentre Giacomo ha festeggiato proprio quest’estate la sua centesima. Questo fatto mi ha sconvolto, ma al contempo mi ha divertito e incuriosito capire che cosa possa spingere queste persone a salire e risalire sempre sulla stessa montagna, al posto di scoprire posti nuovi. Però, non era ancora finita e mi sono subito catapultata verso Bormio, dove avrei sostato durante la terza notte. Ho quindi ripreso la bici e via, “verso l’infinito e oltre”. La discesa dolce e lunga fino a Bormio mi ha cullata, regalandomi tranquillità, splendidi panorami e quell’aria fresca di montagna che ti solletica il viso e ti ricorda che sei ancora viva, anche dopo l’immane fatica prodotta per raggiungere il valico. Altro che i professionisti e i fanatici delle gare su strada, ce l’ho fatta pure io con il mio zainetto e la mia velocità da lumaca, pur non allenandomi molto e sognando la pasta al ragù che mi avrebbe aspettata al termine! Credo che sia la testa a portarci ovunque, mentre il cuore ci dà la giusta motivazione e le gambe ci aiutano. Tutto risulta possibile quando l’autostima è alle stelle: vai a letto la sera e ti risvegli la mattina successiva ancora più carica di energie. E di energie me ne sarebbero servite ancora molte, perché l’indomani mi avrebbe attesa lo Stelvio. Bormio è una località bella anche in estate, periodo in cui sono organizzati numerosi eventi che rendono il paesino alquanto vivace. Un gruppo di amici originario di Grosotto mi ha raggiunta, accompagnandomi all’agriturismo Rini per la cena (https://www.agriturismobormio.it/). Non avrei aspettato altro: un posto consigliato vivamente a tutti coloro i quali vogliano farsi una scorpacciata di pizzoccheri, sciatt e cibo eccezionale in un ambiente accogliente dai profumi di montagna, senza scordare l’immancabile sorbetto al Braulio, amaro di erbe alpine tipico del posto, di cui è possibile visitare anche la distilleria. Dopo questa gustosa pausa ho riguadagnato tutte le energie in vista dello Stelvio, meta principale della mia quarta tappa, da cui sarei poi dovuta scendere verso la Val Venosta e arrivare a Merano attraverso un percorso lungo circa 100 km con un forte dislivello e dai panorami diversi: Alpi, meleti lungo il corso del fiume Adige e proprio la meravigliosa Merano. Quarta tappa, terzo passo! Avevo sempre visto il passo dello Stelvio (2.758 m) nelle fotografie dedicate al ciclismo, sport grazie a cui arrivano appassionati da tutto il mondo per pedalare sulle sue strade leggendarie, infinite, varie e spettacolari. Da Bormio (1.225 m), ho attaccato subito la salita verso la “Cima Coppi” per antonomasia, punto più alto mai raggiunto dai corridori del Giro d’Italia. Ho iniziato a pedalare, consapevole dei 21,5 km di salita, costellata da trentasei tornanti per un dislivello complessivo di circa 1500 metri. Questi tornanti sono lunghi, ma allo stesso tempo mai troppo duri e l’aver concluso il Gavia mi ha fornito la giusta tempra per conquistarne la cima. Sono partita con calma, godendomi il paesaggio mentre, una volta ogni tanto, venivo sorpassata da qualche ciclista “vero” con la bici da corsa leggerissima, la tutina in licra attillata e la gamba depilata. Io invece mi sono presa il tempo per scattare una fotografia, per nutrirmi con un fruttino alla banana e ripartire. Nuovamente, sono stata graziata dal tempo e ho raggiunto la vetta senza prendere una goccia d’acqua. La conquista più grande, il passo dello Stelvio Negozietti di souvenir, bancarelle e ambulanti venditori di panini con würstel e crauti lo rendono completamente diverso rispetto al ben più solitario e introverso Gavia. Mi sono quindi fermata per la solita foto, per il rito dell’adesivo #staystrong, per un panino e per coprirmi in modo adeguato prima di attaccare la discesa immersa nel gelo, lontana ancora una settantina di chilometri da Merano. Giunta a Prato allo Stelvio mi sono inserita sulla Ciclabile della Val Venosta. Valicato il passo sembra di essere in un altro mondo, con le case rivestite in legno, una pista ciclabile ben tenuta e meleti ovunque: è il Trentino-Alto Adige! Sono arrivata a Merano piuttosto velocemente costeggiando l’Adige, ritrovandomi in una cittadina piena di vita. Quant’è bella l’estate! Dopo una serata di relax, mi sono preparata per la quinta tappa e il relativo quarto passo. Il passo delle Palade (1.518 m), pur essendo meno conosciuto, spettacolare e maestoso rispetto a quelli precedenti, non deve essere comunque sottovalutato o evitato, anzi! Impegnativo sia per la distanza sia per le pendenze, è stato più volte incluso nel percorso del Giro d’Italia in quanto permette un collegamento diretto fra la zona dell’Alto Adige settentrionale e quella dei passi del Tonale, del Gavia e dello Stelvio. Partenza da Merano in direzione Val di Sole dove, quest’anno, si è tenuta l’ultima tappa di Coppa del mondo di downhill, appuntamento importante che richiama i top rider di tutto il mondo, a cui ho deciso di partecipare come spettatrice. Giungerci in bici dopo quattro mitici passi e scenari mozzafiato non ha prezzo! Non appena sono uscita da Merano ho incominciato subito il passo delle Palade, valico che mi avrebbe permesso di raggiungere la Val di Non. Scalando quest’ascesa si ha una veduta spettacolare sulla piana sottostante, con un piccolo castello nei dintorni di Lana. Il quarto passo conquistato mi ha concesso inoltre l’occasione per appiccicare con orgoglio un nuovo adesivo per Walter! Da qui è partita la lunga discesa verso il Lago di Santa Giustina, dopo cui avrei imboccato la bellissima pista ciclabile presso il corso del fiume Noce fino a Monclassico, per terminare la mia quinta frazione con 75 km circa e più di 2.000 metri di dislivello pedalati. Sono dunque riuscita a entrare in un bed and breakfast poco prima che terribili nuvoloni carichi di acqua piovana mi cogliessero alla sprovvista. Il B&B di Monclassico, a mio avviso favoloso e dotato di un ottimo rapporto qualità-prezzo (37 euro per una singola, 40 euro per una doppia), è situato in un vecchio maso ristrutturato con gusto raffinato, comprendente numerosi comfort, tra cui un garage per le biciclette. La colazione prevede torte cucinate in casa dalla madre del proprietario, frutta, yogurt, succhi e tutto ciò che serve per affrontare una giornata sui pedali o in montagna: https://www.letreival.it/alle-meridiane/. Questo paese è ubicato a 4 km da Daolasa, dove si è svolta la Coppa del mondo di downhill, a cui sono giunta in appena dieci minuti attraverso la ciclabile. La gara degli juniores, disputata sabato 22 agosto, è stata vinta dal giovane italiano Loris Revelli (in seguito, campione europeo in Polonia), il quale ha dedicato il proprio trionfo a Walter Belli: quale miglior finale per il mio AlpenTour! Questo successo è entrato inoltre nella storia della disciplina, essendo il primo mai ottenuto da un azzurro nelle categorie giovanili. Il passo del Tonale Dopo questa gioia, sono ripartita in vista del mio quinto e ultimo passo, cioè il Tonale (1.883 m), attraverso cui sarei ritornata a Iseo. Essendo vicina alla conclusione, mi sono sentita pervasa da quella tipica malinconia di fine viaggio dopo aver trascorso momenti pieni di magia. Un viaggio che ha rappresentato per me una piccola impresa, un’esperienza già penetrata nel cassetto dei ricordi più belli, da cui ho imparato a non mollare mai, anche quando la salita mi sembrava interminabile e mi chiedevo perché avessi deciso di compiere un simile giro. La sesta giornata ha visto il via da Monclassico, con arrivo a Iseo per un totale di circa 57 km fino a Edolo e 1.500 m di dislivello. Da Edolo ho poi preso treno per rientrare alla base. Conosco bene il comprensorio del passo del Tonale, visto che spesso vado a sciarvi in inverno, ma non avevo mai affrontato la salita in bicicletta. Pur non essendo la difficoltà elevata, è comunque un passo degno di nota, incluso nelle gare ciclistiche più importanti. #staystrong è stato il “mantra” che ha permesso a Michela di portare a termine il suo tour dandole forza e determinazione L’euforia dell’arrivo e per la fine del mio AlpenTour mi hanno permesso di realizzare come sia stata incredibile questa settimana tra i valichi alpini. Ho quindi attaccato con fierezza il quinto e ultimo adesivo; ancora una volta #staystrong, perché tutto può succedere, anche che una ragazza come me chiuda un giro così duro e superi i propri limiti attraverso sei tappe, circa 450 km e oltre 10.000 metri di dislivello! Sul treno da Edolo a Iseo ho infine ripercorso queste giornate, rivivendo nella mia mente i momenti più duri sotto la pioggia e con il vento in faccia, che non ne hanno però scalfito in nessun modo l’immensa soddisfazione. Il calore del sole e tanta voglia di pensare a un nuovo giro sono ormai parte integrante del mio cuore.