Taylor Phinney, pluricampione mondiale, dal ciclismo ha imparato molte cose: non solo ad affrontare le difficoltà di una competizione, ma anche quelle della vita

È figlio d’arte Taylor Phinney. Suo padre, Davis Phinney, medaglia di bronzo alle Olimpiadi del 1984 è l’americano che ha vinto più di tutti nella sua nazione. Oggi si trova a combattere con una malattia degenerativa come il Parkinson. La madre, invece, è Connie Carpenter-Phinney, la più giovane atleta americana a partecipare alle Olimpiadi invernali nel pattinaggio di velocità, alla giovane età di quattordici anni e successivamente medaglia d’oro alle Olimpiadi di Los Angeles ’84. Due genitori simbolo dell’America degli anni ’80, che hanno trasmesso al loro figlio Taylor la passione per lo sport.

“Taylor aveva cinque o sei anni quando finalmente tolse le rotelle dalla bicicletta,” l’anziano Phinney ricorda, guardando la piccola bici. “Cavoli, aveva l’abitudine di derapare e di costruire salti nella via dietro casa. Imparò così velocemente.”

Taylor Phinney, 25 anni del Colorado, è un giovane talento, come del resto furono i suo genitori che gli hanno trasmesso il DNA di campione. Dal 2007 ha già collezionato un buon numero di medaglie d’oro mondiali e nel 2011 è entrato a far parte di uno dei più rinomati team del ciclismo su strada: il BMC Racing Team.
I successi li colleziona anno dopo anno vincendo gare che gli assegnano il titolo di campione nazionale e conquista le tappe dei più importanti tour del mondo. Ma a volte la vita riserva strane e improvvise sorprese, belle o brutte che siano. Per Taylor, dopo il brutto incidente del 2014 che l’ha costretto a uno stop forzato, è davvero cambiato tutto.

Il doversi sottoporre a svariate operazioni alle gambe e a una lunga riabilitazione è stato per lui un cambiamento che l’ha messo a dura prova mentalmente. Non è più lo stress fisico e psicologico di percorrere ore e ore in sella alla sua bici, magari con il freddo e sotto la pioggia, ma di accettare la sua nuova realtà.

Taylor Phinney possiede la rara abilità di lasciar scorrere i momenti bui della vita, il dolore, il rimpianto e anche la perfezione… È una lezione che ha imparato dai suoi genitori.

Nel dover accettare quanto gli è accaduto, il ragazzo ha scoperto una sua nuova abilità che, fino a prima dell’incidente, aveva tenuto nascosta credendo che pedalare una bicicletta fosse ciò che riusciva a fare meglio.
Dipingere, creare, sfogarsi con i colori è ciò che gli permette di continuare a sentirsi realizzato mentre continua la lunga guarigione verso il grande ritorno sulle strade che fin da piccolo adora e che vuole continuare a percorrere con la sua bici e il suo team.

“Dipingendo hai bisogno della stessa qualità di concentrazione mentale di quando esci per una lunga pedalata”

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A proposito dell'autore

Chiamata dagli amici "acqua e paltan", proveniente da sport completamente differenti, ora dedica cuore e mente al mondo delle due ruote offroad. Poliedrica nel suo lavoro: un'ottima fotografa, sa mettersi a disposizione anche dall'altra parte dell'obiettivo! Attiva come "social specialist" non smette mai di pensare a dove la bici la porterà ad infangarsi la prossima volta!