L’ultima Eroica: almeno per me. Sicuramente per quanto riguarda il percorso lungo.

Quattordici ore di pedalata, anche se con tante soste ai sempre fantastici ristori, per chi ha ormai una certa età come il sottoscritto, iniziano ad essere un po’ tantine.

Ma andiamo per gradi.

L’Eroica Sabato

Si arriva nel solito delirante e fantastico suq di Gaiole in Chianti: bancarelle dove si vedono le solite vecchie bellissime bici d’epoca, le solite commoventi maglie di lana, i soliti stupefacenti pezzi arrugginiti di componentistica varia.

Le solite cose, dirà qualcuno, ma condite di tante e profonde emozioni.

Puoi vedere una persona accarezzare una vecchia guarnitura Campagnolo come se avesse ritrovato le lettera di una antica fidanzata. E quella persona può indifferentemente essere un cinquantenne panzuto o uno smilzo ragazzino.

Ci sono i soliti appuntamenti culturali: presentazione di libri, di viaggi, di personaggi: quest’anno “Quel naso triste…” per onorare i 100 anni dalla nascita di Gino Bartali.

Ci sono i soliti fiumi di birra e di vino. E la solita immancabile e goliardica cena degli Eroici.
Quindi si va a letto, come al solito, beati.

L’Eroica Domenica

Sveglia ore 3,50. Il nostro albergo non è per niente nelle vicinanze della partenza. Dormito poco e male, come spesso mi accade ormai alla vigilia di certe ”imprese”. Colazione al sacco: fette biscottate, biscotti, succo di frutta, una mela… e miele e marmellata difficili da spalmare in macchina. Rimpiango il proverbiale piatto di pasta in bianco.

Arriviamo a Gaiole: una paesino di 2000 abitanti che alle 4.30 del mattino ha una frenesia che ti sembra di essere a New York o a Honk Kong all’apertura della Borsa.

Cielo stellato e freddo cane. Montiamo le bici e si va alla partenza… Coda: quaranta minuti per partire… è incredibile come centinaia di persone stiano lì, tranquillamente in coda, ad aspettare di iniziare un massacrante percorso di 209 km. I commenti e le battute nelle tante lingue e nei molti dialetti (in cui però il toscano sembra avere più spazio) ti danno un primo assaggio della voglia e della piacevolezza dello stare in quel posto, in quel momento.

Il primo timbro che mi vedo applicare sul mio road book è di Giancarlo Brocci in persona: il patron dell’Eroica è lì ad augurare, a tutti e non solo a me, una buona pedalata.

La processione di lucine rosse e bianche si sgrana nel primo veloce pezzo al buio. E al freddo: le mie vecchie badminton, le calze di lana a rombi, almeno mi tengono i piedi caldi.

ciclisti in gara a L'Eroica

Breve cronaca

La salita del Castello di Brolio, tra le lampade a bordo strada, è pura magia. L’apparire della torre del Mangia, alle prime ore dell’alba, ti mostra una cartolina perfetta di una delle più belle città italiane.

Il primo ristoro vede il gruppo ancora abbastanza compatto e ci tocca ancora fare un po’ di coda: qualcuno è impaziente di avere il timbro e ripartire subito. Dopo Montalcino alcuni pezzi controvento indispettiscono non poco. Attraversamento del borgo di Buonconvento, con i locali che fanno colazione al bar e ti applaudono al passaggio: 100 punti!

Dei ristori a base di finocchiona, ribollita, salumi, Chianti e vin santo è risaputo, non posso far altro che confermare: meravigliosi! Li ho fatti tutti.

Quando mancano 45 chilometri all’arrivo, arriva anche la stanchezza e i miei piedi, costretti, nelle elegantissime, ma ormai vecchie e logore Detto Pietro, mi fanno un male boia.
Però entrambe le cose le avevo messe in conto: se dev’essere ciclismo d’epoca, lo sia anche nella sofferenza.
Gli ultimi chilometri di sterrato al buio li faccio un po’ in apprensione: le buche le vedi solo all’ultimo momento e non fai neanche in tempo ad evitarle: hai solo voglia di arrivare al traguardo e molli, incoscientemente, i freni.

Anche l’ultimo pezzo sull’asfalto lo faccio un po’ troppo veloce. Ma l’arrivo in piazza con tante persone sconosciute che sono ancora lì ad applaudirti, ti ha già fatto dimenticare i rischi, la stanchezza, il mal di piedi.

Gioia e soddisfazione.

E l’ultimo timbro è ancora quello di Giancarlo: lui è ancora lì ad aspettare i suoi ciclisti, i suoi amici.

Con un unico rammarico, mi dice, di non poter soffrire ancora sui pedali con noi. Io gli dico, oltre ai meritatissimi complimenti per l’idea e l’organizzazione, che la prossima volta gli farò compagnia: ormai il lungo per me è troppa roba!

Brevi considerazioni

Quando senti dietro di te l’inconfondibile parlata yankee, probabilmente texana, e poi ti vedi superare da un tizio che veste una vecchia maglia con su scritto, a lettere sbiadite, “S.C. Piastrellificio Rubiera” e pedala su un telaio Pogliaghi.

Quando riconosci dai suoni gutturali alcuni nipotini della Merkel e li vedi passare su bici Aquila, Casati, Losa, Ceccherini, Rossignoli e anche loro tutti indossanti maglie di piccoli imprenditori della provincia italiana.

Quando incroci anche due altezzosi francesi, uno su di una Freschi e l’altro su una Faini, e addirittura uno dei due indossa una italianissima maglia “G.S. AVIS”.

Quando anche il gruppo di elegantissimi inglesi pedalano su delle Bottecchia, delle Legnano, delle Olmo che sembrano appena uscite dalla fabbrica.

Quando, infine, anche il distinto giapponese fa bella mostra di uno (stupendo) Daccordi.

Quando insomma vedi tutto questo, ti viene un moto di italianità (anche a me che non ho mai molto sentito gli ardori per la patria) che ti inorgoglisce se pensi a quanto siamo ammirati nel resto del mondo.

Ti rendi conto che la bicicletta, e coloro che su di essa hanno investito e speso conoscenze e “sudori”, ha convinto e spinto centinaia di persone ad arrivare a visitare questa splendida parte del nostro paese, ad assaggiare la nostra cucina e i nostri vini. E a renderci onore.

E se da un lato ti resta un po’ d’amaro in bocca per quanto invece sia andato perduto e per la situazione poco felice che stiamo attraversando, dall’altro ti resta anche la speranza che ce la possiamo fare, che certe eccellenze che ci hanno resi famosi, e non solo nel campo del ciclismo, potranno ancora riemergere, ed altre, di nuove, ne verranno ancora.

Qualche tempo fa, ad EuroBike, abbiamo avuto modo di scambiare due chiacchere con Luciano Berruti che ha fatto da apripista a questa splendida manifestazione…

Luciano Berruti

Guardate cosa aveva da dirci.

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A proposito dell'autore

Giornalista professionista, ha lavorato sul web, in tv, alla radio e sulla carta stampata. Una grande passione e amore per la bicicletta lo spinge a fondare a Milano UBM – Urban Bike Messengers la prima società di corrieri in bicicletta. Autore del libro Tutta mia la città. Presidente e co-fondatore di UpCycle, il primo bike cafè restaurant d’Italia.