Giro d’Italia: Domenico Pozzovivo e uno sport umano, troppo umano

Avrei voluto iniziare il racconto del Giro d’Italia 2015 parlandovi del giovane Davide Formolo, detto “Roccia”: 22 anni di pietra scolpita in salita. Splendida la sua vittoria in fuga nella 4° tappa Chiavari – La Spezia.

Avrei voluto parlarvi di cose strane. Aneddoti, curiosità, il colore insomma fuori e dentro la corsa. Per esempio il motor-home personalizzatio di Richie Porte. “Un esperimento”, dice il team manager della Sky, Dave Brailsford. In poche parole: Richie dorme con il suo materasso, il suo cuscino, i suoi riti chiuso in un camion. La squadra in hotel. Pare che questa sia la trovata del momento: l’adotterà anche Froome al Tour.
Dicevo: avrei voluto. Ma alla fine ha preso il sopravvento quanto accaduto nella terza tappa do questo Giro d’Italia 2015, la Rapallo-Sestri Levante, a Domenico Pozzovivo. Sulle mie strade. Proprio su quelle, l’ho visto cadere in diretta, lui che era uno dei pretendenti alla maglia rosa. Era caduto già il giorno prima sul lungomare, per colpa di un folle che si era gettato nel gruppo con la sua bici quando l’aveva visto passare. Domenico è carambolato, forse un presagio, forse un segno del destino, forse solo la sfiga. Morale: ha perso 1 minuto dalla maglia rosa. Ma era tutto intero.

Il giorno dopo, invece, il destino gli tendeva un agguanto più cattivo

Siamo nella lunga e tortuosa discesa da Barbagelata, un nome che da solo mette paura. Domenico sta cercando di recuperare quel fottuto minuto perso il giorno prima. Lui, che non è uno specialista in discesa, sta dietro ai più forti: forse va troppo veloce per i suoi standard. Forse per terra c’è qualcosa, qualcuno dirà una macchia d’olio o di benzina. Vai a saperlo. Sta di fatto che la ruota davanti gli parte all’improvviso e lui vola faccia a terra. Come Wouter Weylandt, il belga morto qui, a pochi chilometri di distanza, lungo la discesa dal passo del Bocco, quattro anni fa. Nel piccolo innocuo comune di Prati di Mezzanego: oggi c’è una targa e qualche borraccia lasciata lì dagli amatori che si cimentano ogni giorno con quella bellissima scalata, me compreso.
Il corpo di Domenico è come quello di Wouter: giace fermo immobile a terra. Un tifoso – pazzo da legare o forse semplicemente preso dal panico – lo prende per il capo, cerca di metterlo seduto, abbozza un tentativo di respirazione bocca a bocca. Tutte cose pericolosissime: mai muovere un ciclista caduto a terra. Attimi di panico. Tutti abbiamo pensato al peggio.

Poche ore dopo, durante la diretta RAI, viene chiamato il padre, il signor Leonardo Pozzovivo. Ed è qui che assistiamo a uno degli episodi più umani e drammatici allo stesso tempo che forse solo questo sport sa regalare. Il padre, quasi in lacrime, chiede ai giornalisti Rai di informarlo appena sanno qualcosa sulle condizioni del figlio. Ve lo immaginate il padre di Chiellini chiamare i giornalisti Sky per sapere nuove sulla capocciata rimediata dal figlio durante la semifinale Juve-Real?

Io no. Trovo che questo episodio, nella sua crudeltà e semplicità, abbia bucato lo schermo. Facendoci capire quanto il ciclismo sia uno sport umano e autentico.

Riassumiamo: un padre vede il suo ragazzo in diretta cadere e rimanere esanime, pensa al peggio e vuole essere aggiornato. Cosa fa? Chiede in diretta ai giornalisti, davanti a milioni di italiani di fargli sapere appena possono, magari sempre in diretta. L’umanità di questa scena colpirà tutti. Anche i più scettici sul ciclismo.

Per fortuna tutto si risolve bene: il signor Leonardo Pozzovivo di lì a poco saprà che il suo ragazzo sta bene, è lucido e cosciente, seppur con un bel trauma facciale. Non potrà finire il suo Giro d’Italia 2015 ma già tra un mese, magari al Giro di Svizzera, promette di esserci.
I ciclisti sono così: cadi, vedi la morte in faccia (in questo caso letteralmente) e subito ti rialzi. Strano sport.

Il resto del Giro deve ancora venire. Aru attacca, Condator risponde, Formolo (181 centimetri per 62 chili!) ci fa sognare. In attesa delle montagne, quelle vere, la bagarre sonnecchia.

#giroditalia

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A proposito dell'autore

Classe '72, scrittore, giornalista, blogger: le sue "Confessioni di un ciclista pericoloso" sono uno dei blog più letti dai ciclisti milanesi. È stato direttore editoriale di Bike Channel, il primo canale dedicato al ciclismo in onda su Sky ed è autore di 2 libri: "Il carattere del ciclista" (Utet 2016, in uscita nel 2017 anche in Olanda) e "Ma chi te lo fa fare – Sogni e avventure di un ciclista sempre in salita" (Fabbri 2014). Socio di UpCyle, il primo bike cafè restaurant d’Italia, soffre di una dipendenza conclamata per le salite alpine sopra i 2000 metri.