Salgo in macchina e subito mi chiedono se soffro il mal d’auto, cosa che fortunatamente non so cosa sia, poi mi dicono di allacciarmi bene la cintura. Sono “vergine” in questo mondo, di solito corro sui sentieri per fotografare biker, nella polvere e nel fango; stare in auto, seduto, con l’attrezzatura a portata di mano, mi dà l’impressione di essere così comodo e penso che sarà anche un po’ noioso. Ma non avevo ancora idea di che cosa fosse il Giro dietro ad un parabrezza

Il Giro in macchina: calma apparente

Oggi il driver è Albino Marton che, insieme a Pietro Algeri, è uno dei “veterani”. Lui è calmissimo, sembra quasi seduto sul divano di casa.

La macchina inizia a muoversi, partiamo calmissimi… ecco, la noia che mi aspettavo, tra l’altro siamo dietro al gruppo, non vedo le bici, solo una distesa di ammiraglie davanti a noi e in fondo il gruppo di corridori… tutto sembra così calmo, mi sento come all’interno di un serpente che scivola tra case, palazzi e persone che applaudono e gridano.
Albino e Massimo comunicano con le radio installate sull
e auto con il resto del team, qualche battuta, ma soprattutto sento la sensazione che la calma dei primi km, probabilmente, era apparente.

Non molto dopo la partenza molti corridori devono “andare in bagno”; a tutti scappa contemporaneamente, assurdo: gruppi di ciclisti a bordo strada a far pipì, come all’autogrill, tutti in fila. Anche la maglia rosa si ferma per farla. Ma chi non vuol perder tempo la fa dalla sella, lasciando la scia di alcuni metri sull’asfalto.

Il team del Servizio Corse si scambia delle opinioni, qualche aggiornamento sulle posizioni, ma non solo dei corridori, soprattutto delle ammiraglie. Stringo la macchina fotografica in mano, percepisco qualcosa e mi preparo, come se stessi aspettando il drop di 5 metri di un rider: non si può far cilecca in quei casi.

Sento l’auto che accelera, Albino ha uno sguardo impassibile, ha un’espressione di chi sa cosa sta per capitare, il volto disteso, ma gli occhi emanano delle vibrazioni, come se stessero guardando “d’avanti”.

Sento il motore accelerare e la calma apparente svanisce, sento la pressione dell’accelerazione aumentare sulla mia schiena. Albino cerca posizioni, come se stesse gareggiando con le altre ammiraglie, non ho ancora ben chiaro il motivo, ma da lì a breve lo avrei capito perfettamente.

Abbandoniamo le zone abitate, siamo in mezzo alle ammiraglie ed abbiamo guadagnato qualche posizione, di fianco a noi adesso scorrono veloci prati e colline, campi arati, villette e chiesette… il cielo diventa più cupo, potrebbe piovere.

Torna la “calma apparente” e Massimo, dietro di me, chiede una sosta-pipì: “potrebbe non esserci più tempo per fermarci, meglio farla adesso”.

In mezzo alle ammiraglie “c’è vita”, le ammiraglie sono in continuo contatto con i propri corridori e se c’è bisogno intervengono per assistenza “on-demand-to-go”, uscendo dal finestrino.

Restiamo in attesa nel mucchio delle ammiraglie, ma sempre guadagnando terreno, poche posizioni alla volta. Inizia a piovere, il rischio per i corridori sale e potrebbe essere necessario il “nostro” intervento.

Il Giro in macchina: come tori a Pamplona

Eccola la pressione sulla schiena che torna, questa volta più decisa, più forte. Il commissario di gara chiede al Servizio Corse di prendere posizione.

Albino spinge sull’acceleratore, l’asfalto è bagnato, la pioggia è fitta, i tergicristalli rimbalzano da una parte all’altra senza tregua, la strada è stretta. Siamo su strade di collina, dove passano a mala pena due auto, tipica strada dove ti devi accostare e praticamente fermare se incontri un’altra auto nella direzione opposta.

Ma qui non arriva nessuno, devi sorpassare. Addio calma apparente, adesso capisco, adesso mi rendo conto di dove sono capitato, del perché mi hanno chiesto se soffro di mal d’auto e soprattutto di allacciare bene la cintura. Albino è concentrato, lo vedo, non ascolta, non dice nulla. Ha un solo obiettivo, guadagnare posizioni e sorpassare le ammiraglie.

Ma non solo, qui, in mezzo al mucchio di auto, ci sono dei corridori, rimasti fuori dal gruppo, snocciolati dietro le retrovie, infreddoliti, sembrano spaventati.

Mi sembra di essere dentro ad un toro di Pamplona: i tori sono le ammiraglie e i corridori sono i folli che corrono per scappare alla furia dei tori.

Albino è un “toro scatenato”, azzarda sorpassi impensabili, suona alle ammiraglie, altre volte passa e basta, ma lo fa con la precisione di un taglio di una katana giapponese.

So che è rischioso tutto questo, ma non posso farci nulla, adoro queste situazioni, sono iniezioni di adrenalina, mi fanno venire un ghigno sul volto e me le godo! Lo chiamo “rischio calcolato” e, anche se conosco Albino da poche ore, sento che posso fidarmi di lui.

Il tutto sembra surreale, mai e poi mai avrei immaginato che il Giro d’Italia, spesso mostrato come un biscione che scorre sinuoso nei paesaggi italiani, fosse un mix tra un rally e il 4X!

Il Giro in macchina: ON-OFF

Posizione raggiunta, dietro di me, sul sedile posteriore, c’è Massimo Rava che si è “acceso” ed è entrato in modalità “on”, sa che tocca a lui entrare in scena. Di fianco a lui non c’è nessun altro, solo tre ruote sistemate in modo tale da non incastrarsi l’una con l’altra, formano una specie di struttura triangolare. Questo consente di essere più efficienti e rapidi nel prenderle e correr via.

Massimo è pronto ad entrare in azione, la radio strilla che un corridore ha bisogno di assistenza, davanti a noi; la sua ammiraglia è naturalmente dietro a fare a sportellate con le altre ammiraglie.

Albino schizza senza esitazione, adesso mi sento dentro ad una freccia che viene scoccata da Robin Hood, diretta al centro del suo obiettivo. Eccolo, l’atleta è del team Garmin-Sharp, ha problemi con catena e cambio.

Massimo, non sapendo di cosa avesse bisogno è uscito con una coppia di ruote, ma non servono. Lo aiuta a sistemare la trasmissione e lo spinge. Mentre lo spinge sopraggiunge l’ammiraglia del corridore, esce qualcuno dall’ammiraglia che non può far altro che spingere a sua volta Massimo… Pochi istanti e Massimo risale in macchina di corsa e torna in modalità off.

Il Giro in macchina: good vibration: quel gesto che dice “sono con te”

Il “giro” prosegue, Albino rimane concentrato, sa bene che potrebbe essere richiesto il suo intervento in ogni istante. Massimo tiene la mano sinistra sulle ruote, operativo al 100%.

In auto c’è un’atmosfera di efficienza allo stato puro e anche io voglio assorbire questa sensazione e trasferirla nelle mie foto, ho la macchina in mano e non la mollo, ho messo due obiettivi nel cassetto di fronte a me e uno nella portiera, senza tappi pronti all’uso. La mia mano suda leggermente, stringo la macchina fotografica e non la lascerei neppure se ci fosse uno sciame di api in macchina e credo che non sarebbero infastiditi neppure Albino e Massimo.

Fuori dai finestrini dell’auto il meteo inizia ad essere più clemente, c’è un via vai di mantelline, che i corridori indossano e si tolgono. Non solo c’è scambio con le proprie ammiraglie, ma anche con “noi”. Albino si avvicina quando capisce che un corridore ha bisogno; alle volte vuole privarsi della mantellina, altre ha fame o ha bisogno di una borraccia piena. Dentro la “nostra” auto ci sono borracce piene e barrette energetiche…

Albino si avvicina, un atleta del team Columbia ha bisogno di lasciare la mantellina, ha smesso di piovere. Albino apre il finestrino, sembra quasi che un occhio guardi la strada e l’altro tenga sotto controllo la distanza tra auto e corridore.

Allunga il braccio, il corridore appallottola la mantellina che sta nel pugno della mano e la avvicina a quella di Albino. La mano di Albino afferra la mantellina, ma nessuno dei due molla la presa.

Non capisco.
Pensavo a uno scambio rapido in stile “narco-trafficante” ma no.

Durante lo “scambio” accade qualcosa. Vi giuro che mentre ripenso a questa scena ho dei leggeri tremiti di “good vibration”, c’è qualcosa che lega Albino ai corridori; ma non solo con Albino naturalmente, questa cosa l’ho percepita in ogni persona che fa parte del team Servizio Corse.

C’è un sentimento di fondo in quello che fanno, non credo che lo facciano “tanto per farlo” o solo perché “è un lavoro da svolgere”. Lo fanno perché dentro hanno quella cosa che chiamiamo semplicemente “passione” ma è un termine talmente inflazionato che non ha più forza quando lo si cita. Hanno qualcosa dentro che li lega ai corridori, quella “good vibration” che si trasforma in un gesto che dice “sono con te”.

La mano di Albino e quella del corridore rimangono unite, con la mantellina in mezzo, per alcuni istanti: sento la forza di gravità sulla schiena, ri-eccoci, la macchina accelera e vedo i tendini delle loro braccia entrare in tensione.

Ecco, adesso è chiaro. Bellissimo, sono estasiato da questo gesto, può sembrare banale, ma è uno degli aspetti che mi ha colpito di più di questi giorni passati in questo “tornado”.

Albino dà una spintarella al corridore, se ci pensate è nulla! In una tappa che supera i 200 km, sotto la pioggia battente, in cui fanno a sportellate con le ammiraglie, in cui tremi di freddo e pedali senza tregua e senza poter contare su nessuno tranne che su te stesso, un minimo gesto che dice “sono con te” credo possa dare una ri-carica immensa.

È quella spinta che non aiuta il corpo, ma la mente.

Il Giro in macchina: pezzi d’Italia da un finestrino

Immaginate di navigare con una canoa lungo un fiume: alle volte le acque del fiume sono calme e scorrono dolcemente, si può ammirare l’ambiente che si attraversa, mentre in altri tratti del fiume, come le rapide, non si ha tempo di osservare, ma tutto passa di fianco alla velocità della luce e la nostra concentrazione è destinata a cercare di non finire giù dalla canoa.

Ecco, la sensazione di essere sulle auto del Servizio Corse Vittoria è questa, ci si sente come su una canoa lungo un fiume, alle volte calmo, altre infuriato. Quando “il fiume scorre placido”, attraverso i finestrini dell’auto si ha anche il tempo di osservare i paesaggi della nostra bella Italia.

Si attraversano città, paesaggi incantevoli da far venir voglia di fermarsi a far pipì per avere quel minuto in più per goderseli. Il bello del ciclismo è “anche” questo, quando c’è calma sia ha tempo di lasciare che lo sguardo, e la mente, si “distraggano” dalla gara.

Riccardo Debertolis spesso guarda fuori dal suo finestrino, lo si vede nei suoi occhi che avrebbe voluto fermarsi per osservare meglio, oppure avrebbe preferito essere in sella ad una bici per pedalare su quelle colline laggiù.

Il Giro attraversa l’Italia, tutti gli anni, ma, a parte qualche ripresa dall’elicottero, le partenze “in festa” e gli arrivi “epici”, lascia ben poca attenzione al territorio.

La gara è tutto, la competizione, i team, il tempo, i risultati, la fuga, il podio, la gloria… il tornado non si può fermare, veniamo risucchiati.

Scatto qualche foto a scorci che riesco a congelare appena dietro una curva, dopo un palazzo o fermi ad un semaforo. Anche io vorrei fermarmi a far pipì: con una mano scatterei, con l’altra… beh, avete capito. Ma non c’è tempo neppure per questo, vedo tutto attraverso il parabrezza e il finestrino. Peccato.

Il Giro in macchina: capita, alle volte, di spegnere il cervello

Su una strada in collina, lontano da case, marciapiedi, pubblico affollato sui bordi delle strade, mi godo “serenamente” la “follia” di questa corsa, ma quando la carovana entra in città, dove bambini, signori e signore, ciclisti e pantofolai si riversano in strada per guardare dal vivo il passaggio del Giro almeno per 5 minuti, il mio ghigno svanisce.

128 km/h, è la massima velocità che ho fotografato, ma sono certo di aver visto un valore più alto. E non in collina o tra i campi, ma tra il pubblico, che sta su un marciapiede, che sente lo spostamento d’aria dei ciclisti e delle auto che schizzano a pochi centimetri di distanza, senza una protezione, al massimo una transenna o una fettuccia.

Capita, alle volte, di spegnere il cervello, cioè di non pensare a quello che sta accedendo o ciò che stiamo facendo.

Personalmente non ho mai compreso la scelta “incosciente” di chi resta a bordo strada durante una gara di rally e qui, al Giro, è la stessa cosa. Durante i miei giorni ho sentito di una signora investita da una ammiraglia e di un’altra che si è rotta una mano, colpita da uno specchietto di una ammiraglia.

Strano? No, normale. A me invece pare davvero strano, ho visto molti bambini ai bordi delle strade e posso assicurare che chi è dentro le auto il cervello ce l’ha acceso, ma tutti, hanno una sola cosa in mente: la gara.

Il Giro in macchina: italiani! Non solo per il calcio…

Italiani! Persone di ogni tipo ad ogni curva, su ogni passo, lungo rettilinei e fuori dalle finestre, sui cancelli e sui guardrail… alle volte in mezzo alla strada a incitare i corridori, a far festa, ciclisti per passione o semplicemente gente comune che neppure va in bici, ma tutti lì, a “salutare il Giro”.

Allora gli italiani non tifano solo per il calcio, anche la bici è sentita. Colorati, euforici, calorosi e folli! Quando passa la carovana tutti si accendono e sembrano impazziti. Per il calcio e per la bici, tutti in piazza! Italiani!

Ho passato altri giorni sulle ammiraglie del Servizio Corse Vittorie, ho avuto il piacere di conoscere Pietro Algheri, Riccardo Debertolis, Eros Pavarini, Francesco Villa, Edoardo Fedre, Nicola Sbrolli, Alberto Carrara, Dario Acquaroli, Veronica Passoni che conoscevo già da tempo), Paolo Tomaselli… Manca Alberto Galbiati che non ho mai conosciuto ed il team è al completo.

Ho chiesto anche a loro di raccontare, in breve, qualcosa su di loro; alcuni hanno risposto così…

Pensieri ed opinioni dei protagonisti del team Servizio Corse Vittoria.

iscrizione newsletter

Iscriviti alla newsletter di BiciLive.it


Ho letto e accetto le Politiche di Privacy

A proposito dell'autore

Appassionato di mountainbike dalla nascita, scopre la fotografia molto giovane, dopo la laurea in architettura non abbandona il sogno di lavorare come fotografo e da quel momento inizia la sua vera carriera da professionista lavorando come fotografo specializzato nell'action photography e fornendo servizi ad aziende di ogni genere... Attualmente ha il ruolo di Direttore Responsabile di BiciLive.it