Come Italiana all’estero, quello che mi fa imbestialire sono i luoghi comuni riguardo ai nativi del famoso ‘Belpaese’.
Accanto ai grandi classici riguardo al cibo, ai politici e alle scarpe da uomo troppo eleganti ce n’è uno che riesce davvero a farmi bollire il sangue: “è fatto in Italia: è bellissimo ma, ovvio, non funziona”.

Grandioso. Quante volte mi tocca ancora ascoltare i commenti su auto sportive, veloci e molto rosse, che si rompono dopo poche curve, abiti di grandi firme che si ritirano la prima volta che li lavi e caviglie di calciatori fragili come cristallo? Basta così! Ci penso io a farvi vedere cose che sono fatte in Italia, belle, tecnologiche e di moda che – sopresona – funzionano davvero. Mi piacerebbe rendere questa rubrica un vero e proprio viaggio per quelli che sono ancora scettici, così come per quelli che non hanno mai smesso di comprare prodotti italiani contro i consigli del famoso cugino-che-sa-tutto. Potremmo chiamarla “Bellezza Italiana a prova di fiasco” o perché no? “L’Italia fa di meglio”. Prometto: non farò riferimenti al caffè, gioco pulito!

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Svizzero? No, italiano

Questo viaggio in realtà è cominciato qualche giorno fa, nella sede centrale della ben nota marca di abbigliamento sportivo X-Bionic. Il nome suona esotico: certo il concetto è svizzero, ma il design, la produzione e i test di controllo sono 100% italiani. Anche meglio: X-Bionic si trova in una bellissima zona d’Italia, tra le colline a sud del Lago di Garda e le Alpi ancora innevate. Mozzafiato. Qui è dove lo staff entusiasta mette alla prova i prodotti. Tutto l’abbigliamento deve passare numerosi e severi test nei laboratori high-tech, ma è poi sulla strada che deve provare di valere e di avere un look accattivante, sotto lo sguardo spietato dei moltissimi ciclisti che si allenano lungo le coste del lago. Tutti sembrano in gran forma e professionali: se lo stile X-Bionic piace a loro, ci sono ottime probabilità che, semplicemente, piacerà.

 

“Dammi un tubo e ti realizzerò una maglia”

La valutazione su strada e il giudizio della comunità ciclista sono solo l’ultimissimo passo di un processo di produzione che inizia nei ‘quartier generali’, sullo schermo dei computer potenti degli esperti alla progettazione. Gli articoli poi prendono forma negli spazi destinati alla produzione, dove macchinari high-tech sono programmati per produrre un singolo pezzo alla volta, un “tubo” di tessuto senza cuciture che ha già in sé tutti gli elementi strutturali che determineranno le sue prestazioni: lavorazione 3D, zone compressive, fili e tessuti di materiali e colori differenti. Il personale, attento, supervisiona il processo per essere sicuro che poi quelli del Controllo di Qualità non troveranno nessun difetto quando verificheranno gli articoli uno alla volta: loro non hanno certo pietà.

 

Deve funzionare ed essere di qualità, per principio!

Qualche prodotto finisce invece negli showroom, che sono le vetrine dove tutto finalmente si combina: la tecnologia degli articoli prodotti qualche edificio più in là, lo stile con cui sono abbinati in kit colorati, l’ambiente elegante e moderno in cui sono messi in mostra sotto luci bianche e lo staff professionale a controllare il tutto.

Ed è qui che si può incontrare Giuseppe, il Manager per l’Europa. Ma solo se non è di mattina prestissimo: potrebbe essere fuori in bici per provare l’ultimo prodotto, quello non ancora messo sul mercato. E difficilmente lo sarà se Giuseppe con il suo test su strada non è convinto che funzioni. E’ un ciclista di quelli veloci, con una lunga storia di gare e tantissimi chilometri nelle gambe. Conosce bene quello di cui parla. Non c’è molta gente come lui nel business del ciclismo – oro puro per la compagnia. In questi giorni c’è da lavorare sull’ultimo modello di guanti: per produrli, una macchina impiega un’ora ciascuno. Le zone antiscivolo sono costituite da fili lavorati all’interno del materiale e ogni pezzo è prodotto come un tutt’uno senza cuciture. Sono bellissimi e hanno tutto dello stile italiano, ma lo staff non è ancora convinto: non sono al punto giusto per essere messi sul mercato. Quando saranno resi disponibili al pubblico si noteranno per il buon gusto italiano, il prezzo forse un po’ alto, inevitabile temo per i prodotti di qualità, e – sorpresi? – funzioneranno, e a lungo. E sta tutto in questo: la ricerca alla base dei principi X-Bionic è all’avanguardia, il processo produttivo è ai massimi livelli tecnologici e gli standard di qualità sono severissimi. Tanto da essere la prima marca che presento per dimostrare la mia teoria del “è italiano e, effettivamente, funziona”.

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Alla conquista della Britannia!

X-Bionic affronta ora il mercato britannico: sarà capace di presentarsi con l’immagine giusta? Dovrà anche lei combattere contro i luoghi comuni resi popolari da quelle auto sportive molto rosse, belle, che si rompono? Spero che ce la faccia, e la scelta di mettere insieme un’intera linea con il logo delle auto Lamborghini fa pensare che le cose stiano davvero cambiando per la reputazione dei prodotti italiani all’estero.

Testo di Daria Zandomeneghi

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