La redazione di strada.bicilive.it è lieta di presentarvi il nuovo racconto dello scrittore Marco Zuccari, da diverso tempo autore sul nostro portale.

In questa occasione, ci ha narrato le sue avventure occorse durante il giro in bici del Lago Maggiore. Invitandovi a leggere anche gli altri suoi articoli (dalla Baviera al Danubio, dal Cammino di Santiago di Compostela a Parigi e non solo…), ci auguriamo che questi viaggi possano ispirarvi per una vacanza un po’ diversa dal solito.

2 foto scattate durante il giro in bicicletta sul Lago Maggiore nei pressi di Stresa

Cicloturismo, il racconto di Marco Zuccari

Qualche tempo fa, due ragazzi vicini ai vent’anni per difetto, mi interpellarono dopo una presentazione del libro sul viaggio da Pechino a Shanghai in bicicletta. Erano ammaliati (lasciatemi esagerare un po’!) dal racconto. Non immaginavano che si potessero vivere avventure tanto esaltanti; intimiditi avevano aspettato la fine della serata, non osando pormi la loro domanda in pubblico.

«Come si fa a fare una vacanza in bicicletta?» mi chiesero deferenti, con il tono con cui si chiede a un santone indiano il segreto della vita.

Mi venne da rispondere: «Beata gioventù! Si prende una bici e si pedala!». Mi trattenni, non era quello il senso della domanda.
Era chiaro ciò che volevano sapere. A due giovani appena maggiorenni (forse) che si sentono raccontare di un ciclo-trekking nell’estremo est asiatico, la possibilità di riuscire a fare altrettanto (senza mamma e papà tra i piedi) deve sembrare remota come prendere un’astronave per Marte.

Indagai. Mi raccontarono che per loro la bici era un normale mezzo di trasporto da usare quando non si ha voglia di andare a scuola a piedi. Non degli atleti, quindi, come non lo sono io, non degli amanti della bicicletta fine a se stessa. Semplicemente erano dei ragazzi affascinati da una vacanza alternativa.

La bici – l’ho già detto in altre occasioni – è vacanza; è il mezzo che concilia le distanze da percorrere con gli umori, gli odori, le sensazioni, l’aria, il sole che si vogliono consumare in una giornata all’aperto, visitando posti nuovi. Ecco cosa mi stavano chiedendo: come avere tutto ciò nell’età critica tra le superiori e l’università? Li provocai.

«Per voi fare una vacanza in bici è andare in Cina?».

Mi guardarono smarriti come se li avessi interrogati sulla teoria della relatività.

«Un’evasione in bici può, anzi deve cominciare da due, tre giorni magari spesi in un luogo vicino che, visitato su due ruote, diventa sconosciuto e quindi un’esplorazione, una scoperta, una novità da assaporare con poca fatica e poca spesa» sentenziò il santone con cui mi identificavano.

Durante il giro intorno al Lago Maggiore si attraversa il confine tra Italia e Svizzera

Giro in bici del Lago Maggiore: 160 km tra Piemonte, Svizzera e Lombardia

Avevo da poco vissuto qualcosa del genere. A cavallo di Ferragosto con un’affettuosa amica avevo compiuto il periplo del lago Maggiore in bicicletta. Eravamo arrivati in treno ad Arona, bagagli e velocipedi al seguito, e, prendendocela comoda, avevamo dato il primo colpo di pedale alle due del pomeriggio, puntando verso la sponda occidentale del lago. La scelta non è casuale: procedendo in senso orario si ha sempre il lago alla destra, ovvero si è nella condizione ottimale per godere gli scorci migliori a ridosso della riva.

In scioltezza, godendoci la bella giornata non afosa, avevamo raggiunto Stresa, attraversando i borghi di Meina, Lesa, Belgirate, affollati da vacanzieri intenti a passeggiare con gelato d’ordinanza in mano. Avevamo poi proseguito per Baveno, Feriolo e poi su, a risalire verso nord la sponda ovest.

Ogni tanto ci si fermava a riposare, approfittando per scattare foto ai panorami del lago il quale esibiva orgogliosamente sotto l’azzurro del cielo i suoi gioielli: Isola Bella, Madre, Pescatori e… isolotto dell’Amore.

Sul lungolago di Verbania si era imposta una sosta più lunga. Non eravamo allenati; gambe e deretano cominciavano a partecipare con meno entusiasmo alla gita. Sostammo sulle panchine dell’imbarcadero, ammirando lo specchio d’acqua dall’angolazione quasi opposta a quella da cui eravamo partiti.

Il panorama dalla pista ciclabile nel lungolago vicino a Stresa

Dopo un po’ riprendemmo a pedalare, cominciando a domandarci dove avremmo pernottato e pregustando la cenetta che avrebbe anticipato il giusto riposo. A Ghiffa cominciammo a guardare le insegne per una bella pensioncina dove appoggiare la bicicletta e le stanche membra.

Avevamo trascurato un piccolo dettaglio: a Ferragosto è un’idea poco brillante cercare un alloggio senza prenotazione nel verbano. Al terzo vano tentativo, mentre procedevamo verso Cannero, cominciammo a presagire una notte… fortunosa.

Io, incrollabile nel mio ottimismo, incoraggiavo la compagna: «Vedrai, adesso arriviamo in una località importante, troveremo sicuramente da dormire!».

A Cannero tentammo invano di chiedere ospitalità in alberghi via via più cari, fino ad abbandonare ogni proposito di parsimonia. Saremmo andati anche in qualche 5 stelle pur di non bivaccare all’aperto, cosa per cui non eravamo neppure attrezzati. La sera incombeva.

«C’è posto?».

«No».

Questo scambio si ripeté un numero preoccupante di volte, finché anche la mia positività cominciò a registrare qualche cedimento strutturale.
All’ultimo tentativo fummo fortunati. Il gestore di un B&B ci disse di essere al completo, però si intenerì e ci diede la dritta giusta.

«Andate al campeggio qui vicino», disse «sono gentili; il proprietario è un ciclo escursionista come voi».

Come diavolo avrebbe potuto un campeggio offrire alloggio a due ciclisti senza tenda appresso? Io ero scettico, la mia compagna seccata. In questi casi, non si sa bene perché, la colpa è sempre dell’uomo che non ha previsto l’imprevedibile. Eravamo all’ultima spiaggia. In effetti il campeggio era situato proprio lì: sull’ultima spiaggia di Cannero.

Il giovanotto che ci accolse era tanto simpatico e disponibile quanto ci aveva detto il proprietario del B&B. Disse subito che, se ci accontentavamo, aveva una roulotte, a disposizione per situazioni come la nostra. Accontentarci? Avremmo accettato anche una stalla. L’ispezione alla roulottina ci confortò ancora di più: piccola ma pulita e funzionale. Il campeggiatore ci chiese 10 euro per la notte. Affare fatto (ci mancherebbe…!).

La roulotte del campeggio utilizzato durante il viaggio in bicicletta lungo il Lago Maggiore

L’incredibile budget per il pernottamento ci consentì di esagerare nella cena in un ristorante poco distante: cara ma gustosa. Il giorno dopo partimmo e in poco tempo arrivammo a Cannobbio, varcando subito dopo il confine svizzero. Attraversammo Brissago, poi raggiungemmo Ascona e subito dopo Locarno, lambendo l’estremità nord del grande lago.

Trovammo anche il modo di perdere la strada perché nel tratto di attraversamento di Locarno si è obbligati a discostarsi dalla sponda e la segnaletica non è adeguata. Meno male! Una volta tanto anche la Svizzera è lacunosa. Quando tornammo sulla via giusta, percorremmo la litoranea orientale, rientrando in Italia, attraversando Luino e arrivando a Laveno dove, questa volta senza problemi, pernottammo in una accogliente pensioncina.

L’indomani mancava pochissimo per completare il periplo che con i suoi 160 km può essere affrontato anche in due giorni. Ad Angera, poco prima di attraversare il Ticino e chiudere l’anello ad Arona, ci concedemmo la visita alla Rocca omonima che con i suoi giardini, le sue sale e i suoi superbi scorci sul lago è davvero meritevole.

Tutto questo raccontai ai miei giovani allibiti interlocutori. Li invitai a scegliere un week-end e a fare altrettanto. Consigliai loro di rivolgersi a un certo campeggio di Cannero per pernottare.

Ci salutammo. Non so dire se erano convinti, non so dire se avranno poi seguito il mio consiglio. Alla prima occasione chiederò al gestore del campeggio di Cannero se ha ospitato due sbarbatelli desiderosi di trascorrere la notte in una roulotte di fortuna. Chissà.

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A proposito dell'autore

Marco Zuccari dopo una carriera in ambito tecnico, ha virato verso attività umanistiche amatoriali: attore, presentatore, cantante di coro, fotografo e scrittore. È ciclista ma solo per vacanze avventurose. Da una prima pedalata in India è nato un fortunato libro, La ferocia della capra, e, recentemente, è uscito il secondo, Bicincina. Entrambi catturano il lettore per l’ironia con cui l’autore narra le proprie avventure turistico/sportive.